La costa sud dell’Islanda regala vedute spettacolari e rivela tutti i paradossi di questa terra di ghiaccio e di fuoco.
Dopo aver percorso la strada del Circolo d’ Oro, mi dirigo verso sud, costeggiando l’oceano lungo la strada che gira intorno a tutte le coste islandesi, la Hringvegur.
Tra costa occidentale e quella meridionale percorro centinaia di kilometri, e mentre mi sposto mi rendo conto che la presenza umana in questa terra è solo accidentale, i villaggi e le stesse case sparse sono rari, e tutto il resto appartiene alla natura selvaggia.
Seljandsfoss
La mia prima meta è la Seljandsfoss, letteralmente Cascata Liquida, una cascata molto diversa dalla Gollfuss: quella è impressionante per la portata d’acqua, questa per l’altezza del salto: 60 metri di un getto potente che scende dall’altipiano.
Un tempo qui sotto arrivava l’oceano, e certo doveva essere ancora più spettacolare vedere lo scroscio delle acque riversarsi direttamente in mezzo ai flutti marini.
Ora dalle highlands la cascata si getta sulle lowland, il bassopiano che corre verso il non lontano oceano.
Sono flussi e riflussi del movimento perpetuo della natura, dove nulla resta nel tempo uguale a se’ stesso, e qui in Islanda questo panta rei è particolarmente evidente: i ghiacciai si ritirano e lasciano il posto a distese di roccia, i vulcani eruttano e la lava che scende aggiunge nuova materia alla terra, conformando la roccia ed ampliando la terraferma verso il mare, i geyser si estinguono e se ne creano di nuovi, le placche tettoniche continuano ad allontanarsi.
Una particolarità della Seljandsfoss è che non solo si può arrivare molto vicino, ma si può anche percorrere una specie di sentiero impervio che si arrampica tra le rocce rese scivolose dall’umidità, per arrivare in una cavità dietro alla cascata, che vista da questa prospettiva è davvero affascinante.
Manca solo il sole, che regala alle particelle d’acqua vaporizzate la corona dell’arcobaleno. La mancanza di sole mi disturba anche perchè le nubi impediscono all’aurora boreale di farsi ammirare, ma c’è speranza perchè in Islanda il tempo è molto variabile, tanto che un detto popolare dice: “non ti piace il tempo? Aspetta 5 minuti”.
Skogafoss
Dalla Seljandfoss mi dirigo verso un’altra imponente cascata, la Skogafoss. A buon diritto questa cascata di 60 metri di acqua gelida proveniente dal ghiacciaio Eyjafjallajökull è una delle attrazioni naturali più visitate d’Islanda.
La cascata Skogafoss è molto scenografica, perchè si può arrivare proprio fino ai suoi piedi, ma attenzione a non fare com ho fatto io: una folata di vento più forte delle altre mi ha completamente inzuppato d’acqua!
Una credenza popolare dice che chi si bagna con l’acque della cascata Skogafoss possa ritrovare cose perduete e a lungo cercate: staremo a vedere!
Ma c’è una leggenda ancora più interessante sulla Skogafoss, che narra di un tesoro nascosto nella caverna dietro la cascata dal primo vichingo insediatosi in questo posto. Sembra pure che un ragazzo abbia ritrovato la cassa e nel cercare di tirarla su legando una corda ad uno dei due anelli laterali della cassa, quello si sia staccato e la cassa sia precipitata giù nel sifone, senza poter essere più trovata. A testimonianza della veridicità di questo episodio, l’anello d’argento della cassa con inscrizioni runiche fu usato a lungo come battente della porta della chiesa di Skogar e oggi è al museo del paese.
Il ghiacciaio Eyjafjallajökull ricopre di ghiacci perenni un vulcano ancora attivo, che nel 2010 si è fatto sentire aprendo un nuovo cratere.
Ghiacciaio e vulcano non sono due giganti pacifici da ammirare: per citare alcuni episodi recenti, dal ghiacciaio Eyjafjallajökull nel 1967 si è staccato un enorme saracco, 15 milioni di metri cubi di pareti di ghiaccio con grossi pezzi di roccia, ed è precipitato nel fiume Markarfljót che li ha portati via con la sua corrente, travolgendo ogni cosa sul cammino con l’impatto disastroso.

Il vulcano eruttando nel 2010 ha costretto ad evacuare 600 perone che vivevano inei dintorno, e la nube di cenere vulcanica sprigionata è arrivata anche in Europa Continentale, Italia compresa, tanto da far chiudere temporaneamente diversi spazi aerei.
Skatafell
Continuando verso est la strada della costa sud d’Islanda mi inoltro nel parco Skatafell. E’ un parco molto vasto che comprende il ghiacciaio Vatnajökull, dalle sfumature bianche ed azzurre scintillanti al sole, con le sue lingue di ghiaccio, moltissimi fiumi e ruscelli e sentieri di brughiera tra luoghi non antropizzati dove si possono ammirare rari esemplari della fauna e flora islandese.
Un sentiero conduce alla Cascata Svarifoss, mentre diversi percorsi conducono nel cuore del ghiacciaio per delle camminate da farsi con l’attrezzatura adatta che comprende ramponi, casco e piccozza e abbigliamento adatto a tanto tanto freddo.
Le lagune ghiacciate Fjallsarlon e Jokulsarlon
Nel parco vi sono due spettacolari lagune ghiacciate, la Fjallsarlon e la Jokulsarlon.
La più grande è la laguna Jokulsarlon, che è una delle attrazioni più note del sud islandese. Nell’acqua si muovono fluttuando alla deriva iceberg di tutte le forme e dimensioni forgiate dal capriccio della natura, i cui colori vanno dal bianco candido alle varie sfumature di azzurro.
Si può prendere uno Zodiac nella stagione da maggio ad ottobre, e navigare tra i ghiacciai arrivando ai piedi del ghiacciaio.
La più piccola, ma molto suggestiva laguna ghiacciata è la Fjallsarlon, a 10 km di distanza dall’altra. Poichè è meno frequentata della sorella maggiore, ha un suo fascino particolare per il rumore del ghiacchio che si coglie nel silenzio.
Le grotte di ghiaccio
Dalla laguna Jokulsarlon parto per un’avventura affascinante, possibile solo nella stagione invernale: l’esplorazione di una grotta di ghiaccio all’interno del ghiacciaio.
Il ghiacciaio un tempo arrivava sino all’oceano, ma poi si è ritirato di parecchi kilometri, e così per arrivare fino alle sue falde è necessario addentrarsi per un lungo cammino tra la nuda roccia. Delle superjeep arrivano fino a dove è possibile seguire degli accidentati sentieri, poi è necessario proseguire a piedi per una mezz’ora.
Indossato caschetto per riparare la testa, con cautela mi addentro in una meraviglia naturale quasi surreale, che sembra uscita dal regno di Arendel di Frozen: una grotta naturale senza pareti di roccia, interamente creatasi nel ghiaccio.
E’ un fenomeno molto raro e affascinante, che si trova solo in particolari condizioni climatiche e geologiche. Sono interamente costruite con l’acqua purissima solidificata del ghiacciaio entro cui i fiumi sotterranei scavano cavità con delle costruzioni fantastiche in continua evoluzione, dalle trasparenze di mille sfumature di un magico azzurro intenso.
Questo insolito colore ha una spiegazione scientifica: l’acqua pressata dal peso gigantesco del ghiacciaio ha pochissime bolle d’aria e assorbe come un cristallo la luce del sole tranne le radiazioni blu, che sono quelle che noi vediamo attraverso il ghiaccio.
Ogni inverno riserva nuove sorprese, perchè non è scontato come e dove si formeranno le nuove grotte di ghiaccio, che dipendono dai rivoli sotterranei che si formano nel ghiacciaio. Potrebbero non essere nello stesso luogo dell’anno prima, o potrebbero avere forma e grandezza diversa. Per questo molte grotte, essendo creazioni naturali effimere, non hanno nemmeno un nome.
Ve ne sono però alcune che tendono a riformarsi di anno in anno, e ad esse è stato assegnato un nome per distinguerle. Una famosa grotta di ghiaccio è stata la Grotta del Diamante Blu, creatasi dal 2016, che era spettacolare per la tonalità di blu, ma non si è più riformata.
La più importante attualmente è la Grotta di Cristallo , che dal 2011 si è sempre riformata, è attraversata da un fiume sotterraneo ed è caratterizzata da pareti un un’intensissimo colore azzurro. Certi anni annessa alla Grotta di Cristallo si forma una grotta più piccola, la Grotta del Rubino Scuro, buia e dalle pareti di ghiaccio lucide e nere.
La Spiaggia dei Diamanti
Oggi la natura fa a gara con se stessa per stupirmi. Dopo l’emozione della grotta di ghiaccio, ecco che, molto vicino alla laguna Jokulsarlon, arrivo alla spiaggia dei diamanti.
Si tratta di una lunga spiaggia di sabbia nera di origine vulcanica, su cui si trovano disseminati qua e là blocchi di ghiaccio trasparente di varie forme e dimensioni, che sembrano diamanti conficcati. Sono stati portati a riva fin dentro alla spiaggia dalle onde dell’oceano. I bambini li prendono per ammucchiarli e farne curiosi unici castelli.
Il villaggio di Vik
La via tra le lagune ghiacciate e la spiaggia di Reynishverfi è costeggiata di tanto in tanto di pittoresche piccole casette fino al villaggio di Vik. Questo villaggio non si stringe in un unico borgo abitato, ma occupa una superificie vasta con gli abitati didiverse aziende agricole, le fattorie di Reynishverfi.
Del villaggio è molto suggestiva la chiesetta, tutta bianca con il tetto rosso, posta su una collina in posizione panoramica verso l’occeano e i faraglioni.
La spiaggia di Reynishverfi
La spiaggia nera di Reynishverfi ha una fama forse ancora maggiore rispetto alla spiaggia dei diamanti. perchè la bella e ampia distesa di sabbia è incastonata tra un’altissima scogliera di basalto colonnare che sembra una cattedrale gotica, e un mare con le onde che si infrangono fragorose sulla sabbia, mentre a est emergono dei caratteristici faraglioni e a ovest si staglia l’arco naturale di Dyrhólaey.
Il fenomeno che ha creato le colonne esagonali di basalto simili a canne d’organo di diverse altezze è dovuto al raffreddamento improvviso della lava a contatto con l’acqua gelida, e poi il sollevamento tettonico ha posto le colonne in posizione verticale (qualcosa di simile ho visto nelle Gole di Alcantara, in Sicilia).
La spiaggia è sempre molto affollata e i bambini (ma anche alcuni adulti) fanno a gara per scalare le colonne di basalto, su cui sono posati anche vari tipi di uccelli, tra cui le pulcinella di mare che nella stagione della nidificazione sono anche più numerosi.
Nella roccia si apre anche la caverna Hálsanefshellir, che presenta le stesse formazioni e sembra un po’ l’ingresso della grande cattedrale naturale.
Nel mare i neri faraglioni sono molto suggestivi, e a loro si riferisce una curiosa leggenda. Infatti una notte due giganti, o secondo altri due Troll, che cercavano di trascinare a riva una nave a tre alberi, furono sorpresi all’alba dalla temuta luce del sole, che li pietrificò, trasformando loro e la nave in faraglioni, chiamati rispettivamente Skessudrangur, Langhamar e Landdrangur.
A Reynishverti sono stati girati alcuni episodi di Games of Thrones, e anche diversi videoclip di cantanti famosi hanno immortalato questo luogo magico.
I campi di lava
Nel tornare a ovest verso Reikjavyk, ormai con il sole che velocemente sta calando, attraverso interminabili distese di rocce scure ricoperte dal soffice muschio verde sul terreno brullo. Sono i campi di lava, che a perdita d’occhio si estendono dal vulcano, la cui sagoma si staglia lontana all’orizzonte, fino al mare. Sembra il regno fatato dei Troll!
Queste immense distese di lava si sono formate a seguito di una terribile eruzione del XVIII secolo, che fu disastrosa sia per le morti dirette sia per quelle causate dalla carestia che ne conseguì e per l’abbassamento della temperatura in tutta Europa.
Non ci sono sentieri per inoltrarsi tra i campi di lava, nè conviene addentrarsi tra gli scivolosissimi massi coperti di muschio, ma ci sono diverse piazzole dove fermarsi lungo la Ring Road per ammirare questo singolare panorama.
Il relitto abbandonato dell’aereo
Non c’è un sentiero preciso nemmeno per raggiungere una particolare moderna attrazione che si trova tra la Ring Road e la costa, in località Sólheimasandur : il relitto di un aereo C-117 dell’aviazione americana schiantatosi qui sulla sabbia nera, senza vittime, nel novembre del 1973.
Gli americani smontarono l’elettronica, e abbandonarono qui la carcassa troppo danneggiata per essere riparata e troppo pesante per essere rimossa.
Per uno di quegli strani fenomeni di moda di massa, questo rottame lasciato ad arrugginire in questo paesaggio un po’ spettrale è diventato uno dei luoghi di pellegrinaggio dei turisti per scattare un selfie, pur senza avere le caratteristiche nè di una bellezza naturale, nè di una particolare opera umana d’ingegno, nè di un evento storico nè di un incidente memorabile.
Dunque niente che possa valere un’oretta di peregrinazione senza strade tracciate per identificare il punto preciso vicino alla costa dove si trova questo feticcio, per scalarlo e fare la v con le dita mentre si pronuncia il fatidico cheese.
Per di più avventurarsi d’inverno diventa pericoloso, perchè la notte cala in fretta e potrebbe sorprendere lungo un cammino senza punti di riferimento in un paesaggio molto monotono. Nelle notti di inverno in questo posto senza ripari naturali soffia spesso un vento terribile, ed infuriano bufere di neve.
Così due ragazzi cinesi che si erano spinti in una di queste sere proibitive a cercare il relitto dell’aereo per la foto di rito, dopo che i cellulari si sono esauriti, nel buio più completo non sono più riusciti a ritrovare la strada del ritorno, e sono stati trovati morti di freddo a soli 50 metri dalla loro macchina, a voler essere superstiziosi quasi un sinistro tributo di sangue pagato anni dopo a questo aereo precipitato senza vittime.
Ritorno a Reikjavyk
Ed ora è proprio buio, la mia esplorazione della costa sud d’Islanda volge al termine, lasciando nel mio cuore molte emozioni. Mi dirigo a Rejkiavik, e dopo aver chiesto al consierge dell’hotel di svegliarmi qualora questa notte venga avvistata l’aurora boreale (questa consegna non è insolita, gli hotel normalmente hanno un apposito servizio), mentre fuori infuria un vento gelido ed è ancora troppo presto per la famosa vita notturna locale, mi infilo volentieri sotto ad un soffice caldo piumone.
Domani mi dedicherò alla scoperta di questa moderna, allegra e curata città che detiene il record di capitale più a nord sul mappamondo.