Reggio Emilia è a misura d’uomo; è provinciale, direbbe qualcuno, ma no, è proprio a misura d’uomo. E questo perché Reggio Emilia pur essendo piccola ha un’offerta culturale molto vasta e di qualità, come testimoniano i suoi teatri, i suoi musei, le sue biblioteche, le sue scuole; perché Reggio Emilia ha una tradizione di apertura mentale e di solidarietà che è esattamente il contrario del provincialismo.
Ormai abbiamo smesso di credere alle promesse delle grandi metropoli come uniche dispensatrici dei doni della modernità e abbiamo compreso che il benessere sta nella qualità della vita che centri di medie dimensioni sono in grado di assicurare meglio, dal momento che possono essere vissute, assaporate, perché sono adatte a fare comunità, a conservare le tradizioni, a garantire sostenibilità delle risorse, senza perdere niente in termini di innovazione.
Reggio è stretta intorno alla Via Emilia, una via antica e importante (una delle grandi arterie romane che prende il nome da Caio Emilio Lepido che fondò Reggio e la cui statua si può ammirare nel Municipio), ma anch’essa a misura d’uomo: la via Emilia non taglia Reggio come una via di scorrimento veloce, la attraversa lentamente come un fiume, è la via che congiunge la città con il resto del mondo ma è anche la via del passeggio, dei portici, dei tavolini dei bar, dei negozi di come erano una volta, delle biciclette, delle chiese.
A Reggio Emilia si mangia bene, e questo forse è scontato, ma va detto perché questo vivere in una città in cui si mangia bene probabilmente dona allegria. Siamo nella patria del parmigiano reggiano, dei cappelletti e dei salumi migliori del mondo, e qui parlo in senso generale perché non ho sufficiente cultura localistica da poter entrare in disquisizioni sul meglio Bologna, meglio Parma, meglio Modena.
L’offerta gastronomica del resto spazia con disinvoltura dai ristoranti di livello allo street food, lasciando sempre soddisfatti. Personalmente ho cenato con grande soddisfazione al Canossa, con cappelletti in brodo (insuperabili) e carrello dei bolliti (ottimi ma per me il miglior carrello rimane quello piemontese), e pranzato in un locale di street food dal nome evocativo (Le terme del colesterolo) con uno gnocco fritto (una tasca di pasta fritta aromatizzata con cipolla, lardo e parmigiano) ed erbazzone (una sorta di torta rustica di spinaci ma ancora lardo, cipolla e parmigiano), da leccarsi i baffi e anche le lacrime di coccodrillo. Il tutto implacabilmente accompagnato dal Lambrusco, che a mala pena può essere considerato un vino, ma ci si prende piacevolmente la mano. Ho riportato a casa affettati favolosi tra cui prosciutto dolce, mortadella irresistibile e alcune specialità come la cicciolata che nemmeno conoscevo.
A Reggio Emilia si ama la buona musica. Sulla Piazza della Vittoria, la grande area che è considerata un po’ il cuore della città, insieme ad un altro paio di piazze storiche del centro che si contendono il titolo, si affacciano ben due teatri: il teatro Ariosto, prevalentemente di prosa, e il teatro Valli; in quest’ultimo esordì Pavarotti, che ormai fa parte del mito dell’opera e della storia di Reggio, dove le guide portano a vedere la casa del grande tenore tra i luoghi imperdibili della città. Poco più in là c’è anche il terzo teatro, quello della Cavallerizza.
A proposito di musica, nella mia ignoranza sono dovuta andare a cercare su internet quale città cantasse Guccini nell’album “tra la via Emilia e il west”, quando diceva “piccola città, bastardo posto…”; beh, era Modena, però in qualche modo il concetto si attaglierebbe anche a Reggio Emilia; come ho detto Reggio non dà quel senso di ristrettezza di confini, ma è un posto veramente un po’ bastardo, per il freddo invernale e il caldo carico di zanzare l’estate, sebbene piacevolissimo in questo inizio di primavera.
Fatte queste premesse, visitare Reggio Emilia in una giornata è facile. Basta percorrere la via Emilia e deviare a destra e a sinistra in corrispondenza delle varie piazze.
Io ho iniziato il mio itinerario seguendo la via Emilia dove la piantina segnala l’inizio del centro storico, all’ altezza dei giardini di porta Santo Stefano, con la chiesa di Santo Stefano, che si affaccia in maniera poco vistosa sulla via Emilia.
Poco dopo a destra all’altezza di Piazza Gioberti, riconoscibile per un obelisco, si gira per Corso Garibaldi, dove si trova prima il Palazzo Ducale, oggi sede della prefettura, quindi la Basilica della Madonna della Ghiara, e vicino ad essa il convento Chiostro della Giara; l’andamento irregolare del corso dipende dal fatto che prima era il corso di un piccolo fiume, su cui si affacciavano le case, poi prosciugato e reso carrabile.
La basilica è molto bella, in particolare mi colpiscono le sue volte e le cinque cupole (quella principale e le quattro che sormontano le braccia della croce greca) in cui dipinti e stucchi si fondono in un effetto scenico affascinante. C’è anche una crocifissione del Guercino che è considerata un capolavoro.
Riprendendo la via Emilia, una deviazione sulla sinistra poco più avanti mi conduce ad un palazzo singolare: la galleria Parmeggiani. Sembra una chiesa neogotica, con quei tipici volti di figure mostruose che guardano giù dalla facciata ma sono finti gargoyle, meri elementi decorativi; se poi guardiamo la facciata sembra un palazzo medievale, e il portone è un originale antico moresco fatto venire da Valencia: il tutto è l’originale spazio espositivo creato tra fine 1800 e inizi 1900 da Luigi Parmeggiani, che contiene una collezione d’arte molto varia di arredi, tessuti, dipinti, tra cui, si dice, diversi falsi creati dallo stesso curatore.
Proseguendo nella deviazione arrivo nella Piazza della Vittoria, quella dove si affacciano i teatri di cui ho parlato, e al cui centro si trova un monumento ai caduti. Su un lato della piazza un suggestivo monumento alla Resistenza e la chiesa di San Francesco. Nel mezzo, una fontana con grandi spruzzi d’acqua dal pavimento, che di notte si illumina di colori e può essere programmata per giochi d’acqua. Sulla piazza si affaccia anche un parco alberato, dove si passeggia tra il verde e i bambini hanno una bella area attrezzata per i giochi.
Mentre c’ero io in piazza era stata montata una piccola pista con vari segnali stradali, con biciclette a disposizione dei bambini, e un poliziotto (vero) li accompagnava in un percorso di educazione stradale spiegando i comportamenti corretti. Più in là un’installazione azzurra con tanti rubinetti invitava a non sprecare l’acqua. Piccoli segnali di attenzione con cui cresce il senso civico della comunità, che confermano la bella impressione che mi ha fatto Reggio Emilia.
Nella mia passeggiata sono riattratta verso la via Emilia, neanche a dirlo, e ne percorro il suo tratto più centrale, fino all’antico merlato edificio dell’ albergo della Posta, dove giro a destra per raggiungere, sempre attraverso un delizioso percorso pedonale, quello che secondo me è il punto più bello e caratteristico di Reggio: Piazza Prampolini, conosciuta anche come piazza Grande, una piazza lunga e ampia su cui si affacciano alcuni dei principali monumenti della città, sacro e profano sui lati e nel mezzo tanta vita, specie il martedì e venerdì quando vi si svolge il mercato cittadino.
Su un lato spicca il Palazzo del Monte di Pietà, o Palazzo del Podestà, con la torre campanaria, che reca alto l’orologio che scandisce i ritmi cittadini e tre campane di cui una, chiamata “forcaiola”, veniva usata solo per avvertire dell’esecuzione di pene capitali. Sulla facciata c’è anche una meridiana con calendario solare ed astrologico.
Davanti al palazzo sta la Fontana del Crostolo, con una statua nell’atto di versare acqua da un otre che simboleggia il fiume Crostolo.
Sempre sulla piazza si affaccia il palazzo del Comune, che è stato ininterrottamente sede comunale dai primi del 1400. L’importanza simbolica per l’Italia di questo edificio va tuttavia oltre: in esso si trova la Sala del Tricolore e l’omonimo museo, perché qui, pochi lo sanno, nacque il tricolore italiano. Il 7 gennaio 1797 fu qui proclamata la Repubblica Cispadana, dalle città di Reggio, Bologna, Modena e Ferrara che avevano conquistato una fragile libertà e avevano innalzato il tricolore, sia pure con le bande orizzontali che sarebbero poi state girate nel 1848.
Sulla sinistra del municipio c’è la Torre del Bordello, il punto più alto della città, che si trova appunto al fianco del bordello comunale, e qui l’ironia si spreca,ma era stata costruita con funzioni di archivio. La salita di 4 piani non è agile, e costringono a lasciare i piumini invernali nel guardaroba altrimenti si passa con difficoltà.
La cattedrale è antica, dell’857, poi rimaneggiata nel XV secolo, è immediatamente riconoscibile per la statua della Madonna dorata che si trova nella torre della sua facciata. E’ una Madonna particolare perchè ha il Bambino in braccio ed è circondata non da due santi ma dai due sponsor, i coniugi Fiordibelli, che hanno anche una ricca cappella dedicata a loro! Dell’interno mi piace il connubio tra antico e contemporaneo: se nella cripta sono stati trovati addirittura bei frammenti di mosaici del III secolo, nella chiesa un restauro del 2010 ha affidato ad artisti italiani e internazionali l’aggiunta di nuovi elementi decorativi molto riusciti.
Accanto alla cattedrale c’è il battistero, sulla cui colonna sinistra c’è una curiosità: le misure, come il braccio reggiano e la pertica, del sistema metrico adottato a Reggio per gli scambi commerciali, che non era quello decimale.
Piazza Prampolini è collegata a Piazza San Prospero dal passaggio chiamato Broletto, in parte coperto, con due dipinti della madonna sulla volta, e in parte affacciato su un cortile con un loggiato e scorci del fianco della cattedrale, mentre dai due lati si susseguono alcune tra le più caratteristiche botteghe gastronomiche della città e anche nelle vie vicine ci sono tante piccole botteghe tradizionali che riescono a mantenere anche le loro insegne originali.
La Piazza San Prospero, detta anche Piazza Piccola,è altrettanto scenografica che la Piazza Grande; ha tre lati con i portici e sul quarto la bella basilica di San Prospero, con davanti sei grandi leoni di marmo rosso risalenti al 1503, ed un campanile ottagonale che ora è tutto impacchettato per il restauro.
Il restauro dei monumenti storici va però di pari passo con un’evoluzione della fisionomia cittadina, che alla faccia del provinciale, si sta arricchendo di alcune importanti opere dell’architettura contemporanea: i ponti di Calatrava conosciuti come le Tre Vele, e la stazione dell’alta velocità, sempre dello stesso grande architetto, che io trovo bellissima nelle sue linee mosse some onde che propagano la luce.
E siccome l’alta velocità ci arriva davvero e i collegamenti sono frequentissimi, perchè non prendere un treno e passare un week end a Reggio Emilia?
Ho un caro amico a Reggio, eppure non riesco mai a sfruttare la sua ospitalità. So che la città merita davvero una visita, e soprattutto sono curiosa di assaggiare tutte le specialità locali e i salumi!
Sei stata di un’eloquenza e persuasività inoppugnabili! 🙂 Non sono mai stata a Reggio Emilia pur avendo abitato quasi tutta la vita a Milano, quindi ho letto con molto interesse queste informazioni. Bellissima quest’atmosfera che hai respirato, quel senso di comunità, di allegria. Spero di metterci piede prima o poi, non solo per quei piatti spaziali che hai descritto 🙂
Ahahahaha! Mi ci vedo anch’io a mangiare lo gnocco fritto e a leccarmi baffi e lacrime di coccodrillo!
Comunque io trovo la stazione di Calatrava stupenda. Ci sono passata giusto questa settimana accanto percorrendo l’autostrada e ogni volta mi piace sempre di più.
Non ci sono mai stata ma le prelibatezze culinarie della zona le conosco eccome! Potrei decidere di andarci anche solo per pranzo con queste leccornie
Questa meta mi ha conquistato già solo alla parola “cappelletti”… anche il resto non è affatto male però 😉
È da tanto che non faccio un giretto a Reggio Emilia! Mi manca la sua atmosfera, così come tutte le sue eccellenti e gustose prelibatezze gastronomiche! 🙂
A Reggio Emilia non sono mai stata, ma ho la bisnonna di reggio e la mia nonna ancora oggi mi prepara i capelletti in brodo a mano, che buoniiiii!
L’hai resa perfettamente l’atmosfera di Reggio, placida, adagiata nella pianura padana, tranquilla e godereccia come solo le città emiliane sanno essere. La via Emilia, che qui come a Modena è la via dello shopping e mantiene tutta la sua importanza. Della tradizione culinaria, poi, si potrebbe parlare per settimane, io adoro l’erbazzone.
Io vivo a pochi passi da Reggio Emilia e ho la fortuna di poterci andare spesso. Credo sia una delle città emiliane che più apprezzo.
Mi piace molto il pensiero dell’allegria legato al buon cibo e da emiliana che adora i tortellini da metterli anche nel cappuccino al mattino (ovviamente scherzo!), non posso che essere d’accordo con questa affermazione. Mi hai convinta a tornare a Reggio Emilia per osservarla con occhi diversi.
Grazie di avere citato l’articolo tra le 70 mete italiane da visitare