San Miniato, delizioso borgo delle colline toscane a metà strada tra Pisa e Firenze, è la città del tartufo, dei sapori e del buon vivere. La natura ha dotato il suo territorio di dolce, ondulata e variopinta bellezza, e i suoi campi di fertilità e di perfetta combinazione di elementi che donano ai frutti della vite e all’olivo eccellente qualità, e ha regalato a San Miniato il dono più esclusivo, l’oro profumato del sottosuolo, sua maestà il tartufo.
Il buon clima, la posizione della collina su cui sorge San Miniato,panoramica a 360 gradi e ben difendibile dagli attacchi, l’ ha resa luogo appetibile per gli insediamenti umani sin dal periodo etrusco-romano e poi centro importante nel medioevo, quando gli imperatori germanici la vollero come fortezza ghibellina a contrastare le città guelfe di Toscana, e la scelsero come sia pure discontinua residenza imperiale; Federico II con il suo ingegno creativo la abbellì dando nuove forme alla cattedrale ed edificando la rocca che ancora oggi svetta in cima a San Miniato, rendendone lo shape inconfondibile.
Buon vivere
I suoi abitanti sono oggi impegnati a rendere San Miniato un luogo dove la qualità della vita è eccellente sotto tutti i punti di vista: questo è un borgo di dimensioni contenute, tali da rendere ottimale la dimensione di socialità, un luogo dove ho potuto constatare la cura per la cosa comune da parte dei cittadini, a partire dalle associazioni di volontariato che hanno preso in cura il recupero di vari aspetti del territorio (come l’associazione Moti Carbonari di cui vi parlerò) e i servizi alle persone (come le misericordie e i gruppi di protezione civile e di supporto logistico); l’associazionismo mi è parso subito un fattore estremamente importante nel “buon vivere” di San Miniato, dove la valorizzazione delle eccellenze del territorio, sotto il fattore unificante dell’ottimo lavoro della fondazione San Miniato Promozione, e in qualche modo il controllo etico dell’attività produttiva, avviene nella dimensione partecipativa delle associazioni dei vignaioli, dei tartufai, e così via.
“Buon vivere” significa vivere il territorio con rispetto per una dimensione sostenibile dello sfruttamento delle risorse, significa vivere slow con una cultura discreta e profonda che permea la bellezza artistica del borgo storico così come il tessuto sociale.
“Buon vivere” significa per il turista anche godere di una straordinaria accoglienza, di una vasta panoramica di eventi e di esperienze da fare per tutti i gusti a San Miniato e nella sua campagna, e di una tradizione gastronomica di vera eccellenza, all’interno di una regione che già di per sè è una garanzia per gli appassionati del buon cibo.
Tartufo tutto l’anno a San Miniato. E che tartufo!
Sono arrivata a San Miniato attratta dalla Mostra del Tartufo Bianco che si tiene tutti gli anni in novembre, per tre settimane (quest’anno si è conclusa il 26 e 27 di novembre), una kermesse non solo commerciale e culinaria, ma multidimensionale, che coinvolge l’intera città tra stand diffusi tra i monumenti del centro storico, eventi artistici, mostre per tutti gli interessi, convegni, momenti di scoperta del territorio.
Decine di migliaia di visitatori hanno gioiosamente invaso le vie di San Miniato, e si sono lasciati coccolare dalle delizie gastronomiche a base di tartufo, innaffiate dai generosi vini selezionati dai vignaioli del territorio.
La 51° edizione che si è appena conclusa si è svolta sotto il segno della sostenibilità ambientale, soprattutto in campo alimentare e nello sfruttamento etico delle risorse. Parafrasando i friday for future, il motto della mostra è stato Truffles for future (se siete curiosi cercate su Instagram le immagini più belle sotto l’hashtag #trufflesforfuture e #mostradeltartufo2022).
Io sono una grande appassionata di Tartufo, sono stata ad Alba e ad Acqualagna che sono le altre capitali del tartufo, ed ero incuriosita dall’assaporare il famoso Tartufo Bianco di San Miniato, che ora posso a pieno titolo collocare al top dei tartufi pregiati.
Non avrei però mai pensato che qui il tartufo fosse di casa tutto l’anno: questa meraviglia del sottosuolo cambia casacca, assume diverse sfumature, colori, dimensioni, ma non si fa mai mancare nei boschi di San Miniato, dove i tartufai, che qui hanno una tradizione pluriseculare ed una competenza straordinaria, lo scoprono grazie alla conoscenza del territorio e alle cacce con i simpatici ed intelligentissimi cani addestrati, e la tradizione gastronomica lo porta in tavola in tante ricette da leccarsi i baffi.
Quindi, anche se vi siete persi la mostra del tartufo bianco di novembre, non perdetevi una gita a San Miniato, perchè in qualsiasi periodo troverete ottimo tartufo e ottima accoglienza. Anzi, forse proprio nei periodi meno scontati assaporerete quel buon vivere slow che caratterizza questo borgo.
il borgo di Cigoli e il tartufo marzuolo
Se poi volete partecipare a quella grande festa che è la mostra del tartufo, sappiate che è già in preparazione la Mostra del Tartufo Marzuolo, nel terzo e quarto week-end di marzo. Troverete tutte le informazioni ed il programma nella sezione Eventi del sito del Comune di San Miniato.
La mostra mercato del Tartufo Marzuolo nel mese di marzo è organizzata dall’ Associazione Cigoli, molto attiva nella promozione del territorio e del suo famoso tartufo bianchetto, come anche viene chiamato il marzuolo. I tartufai di Cigoli infatti hanno una grande tradizione di ricerca del tartufo marzuolo nei boschi della Valdegola.
Per chi non lo conoscesse, Cigoli è un grazioso borgo medievale che è una frazione di San Miniato, su un colle a pochi chilometri di distanza. Il suo cittadino più illustre è il pittore Ludovico Cardi, che si firmava appunto Il Cigoli, le cui opere sono nei più importanti musei, come ad es. il suo vibrante Ecce homo conservato negli Uffizi.
Sicuramente non mancheranno a latere della mostra del tartufo marzuolo eventi gastronomici a cura dell’Assiciaizone Cigoli, come già è stato in occasione della mostra del tartufo bianco, quando utilizzando la splendida cornice del chiostro dell’ex convento di Santa Chiara, che oggi ospita il Conservatorio. l’associazione ha organizzato pranzi e cene gourmet a base di tartufo a cura dei volontari, che hanno unito la genuinità di piatti caserecci con la preziosità del tartufo, in un menu della tradizione sanminiatese da leccarsi le dita.
Se l’evento verrà ripetuto in occasione della mostra del tartufo marzuolo e vi capiterà di pranzare con l’Associazionie Cigoli presso l’ex convento di Santa Chiara, dedicate anche un po’ di tempo all’interessante museo di arte sacra, in cui spiccano alcune opere molto belle, come il Noli me tangere del Cigoli, due suggestive croci dipinte del XIV secolo, la grandiosa Immacolata Concezione del Chimenti.
Street food alla sanminiatese
A San Miniato avrete modo di provare molta alta cucina, è il tartufo stesso che è una calamita per i migliori chef e per piatti elaborati, ma date retta a me, dedicate almeno una serata al cibo di strada della tradizione popolare, ed in particolare ai taglieri di salumi e formaggi toscani e alla focaccia toscana gourmet ripiena con gli ottimi prodotti sanminiatesi, accompagnati da una buona birra artigianale toscana.
Per questa esperienza di street food vi consiglio un locale proprio sulla via principale di San Miniato, Le Due Torri, Il cuoco realizza a vista le soffici focacce che vengono farcite riccamente con prodotti in gran parte locali. C’è quella alla mortadella, stracciatella e pistacchio, quella ai pomodorini, burrata e alici, quella alla porchetta, quella alla scamorza e scaglie di tartufo: la tentazione è di provarle tutte, date un’occhiata al profilo instagram! E voi quale preferite?
Prenotate magari prima perchè, nonostante Le Due Torri sia di nuova apertura, le cose buone si vengono a conoscere subito e il locale è sempre affollato, anche perchè street food sì ma non fast food, anzi questo è slow food, dove fermarsi e godersi la serata accompagnati da playlist musicali scelte con molto gusto dai titolari.
Di tartufi, tartufai e cani da tartufo
Siete curiosi di sapere quanti tipi di tartufo si trovano nel territorio di San Miniato? Ora ve lo racconto! Innanzi tutto il tartufo più pregiato, per la sua rarità e per il suo profumo e gusto intenso è il Tartufo Bianco, il Tuber Magnatum Pico. Si trova da settembre a dicembre ed oltre ad essere raro può essere anche difficile da scavare, si trova infatti persino ad un metro/un metro e mezzo di profondità. Sempre d’autunno si trova anche il Tartufo Uncinato, mentre d’inverno cresce il Tartufo Nero Pregiato, quindi in primavera il Tartufo Bianchetto o Marzuolo e in estate il Tartufo Scorzone.
Il tartufo è un particolare fungo ipogeo, che cresce solo in certe specifiche zone delimitate, grazie ad una particolare combinazione di fattori geologici, climatici e biologici. Del resto il terreno di San Miniato è speciale perchè ha una storia geologica antica, qui si estendeva l’oceano che si è ritirato, e sulla via Francigena che passa dalla Val d’Elsa si trovano resti dell’antica barriera corallina, con numerosi fossili, e addirittura è stato rinvenuto lo scheletro di una balena, per il quale si sta immaginando l’allestimento di un apposito museo. Una natura così speciale, con la sua biodiversità di flora e fauna, va rispettata e salvaguardata, perchè il tartufo non cresce in laboratorio.
Nessuno riuscirebbe ad individuare il tartufo se non con l’aiuto di cani, appartenenti a razze che hanno una particolare predisposizione olfattiva e caratteriale; qui si allevano il lagotto e il meticcio sanminiatese, due razze estremamente dotate per fiutare il tartufo e scavarlo.
Un tempo pensate che si usavano anche i maiali, condotti a piedi o al guinzaglio mentre si andava in bicicletta; i maiali hanno grande fiuto, ma se non si è rapidi a sottrarre il tartufo se lo mangiano.
Un buon cane da tartufo costa tantissimo, perchè richiede un paziente addestramento: i cuccioli vengono abituati sin da piccoli, nascondendo pezzetti di tartufo nella cuccia e poi nel giardino e infine nel bosco, a riconoscnerne l’odore e a ricercarlo, come in un grande gioco in cui la ricompensa non è solo un premio materiale, ma la complicità col padrone nel gioco stesso. Padrone e cane devono comprendersi al volo pur parlando lingue diverse. Quando il cane trova il tartufo nel bosco e lo segnala bisogna essere veloci, perchè lui inizia a scavare e può rovinarlo.
Un tartufaio di grande esperienza, proveniente a sua volta da quattro generazioni di tartufai, (che sembra un arguto fattore ma è laureato in agraria e dialoga alla pari con le università di altri Paesi), mi ha spiegato molte cose sul tartufo e sulla sua ricerca, che non è un gioco da ragazzi e richiede molta competenza. Tra l’altro ci sono molti tartufai e le zone di produzione sono molto ristrette; nei campi la vanga dei contadini è stata sostituita da mezzi meccanici e i tartufi sono sempre più rari.
il tartufaio mi dà poi una piccola dimostrazione di ritrovamento del tartufo con la sveglissima cagnolina Riva. Riva è un meticcio, attenta, sveglia, eccitata dall’idea di giocare alla caccia al tartufo, se ne sta lì obbediente, con lo sguardo adorante rivolto al padrone in attesa di scattare per la ricerca. Il padrone la allontana e intanto scava una buca dove nasconde una scatolina di plastica forata con una carta impregnata dell’odore del tartufo; appena Riva è libera incomincia a scandagliare il prato e in meno di 30 secondi è già sul tesoro.
San Miniato detiene il record del tartufo bianco più grande del mondo. Nell’ottobre 1954 il tartufaio Arturo Gallerini, detto Bego, trovò il tartufo bianco più grande mai scavato, 2,520Kg che fu regalato al presidente USA Eisenauer. Chissà come lo avranno cucinato gli americani, che certo non sono i più raffinati in cucina, sarà forse finito in grigliata?
Un monumento di bronzo inaugurato durante la mostra del tartufo 2018 immortala proprio Bego e la sua cagnolina nel momento del ritrovamento del tartufo.
Partecipare ad una vera caccia al tartufo è possibile
Dopo la dimostrazione di ritrovamento del tartufo, dentro di me si è insinuato un gran desiderio: quanto mi piacerebbe partecipare ad una vera caccia al tartufo, accarezzare il cagnolino, giocare con lui e spronarlo a correre nel bosco, raggiungerlo di corsa, scavare e trovare il ricco premio, in mezzo a questa bella natura incontaminata!
Con questi pensieri mi incammino per visitare il padiglione dei tartufai, dove vi lascio solo immaginare quale odore invitante si spande nell’aria, e non ci vogliono certo i cagnolini per individuare i tartufi, che troneggiano in bella mostra da tanti stand uno più bello dell’altro. I tartufai di San Miniato sono molto competenti, non solo ricercano i tartufi con modalità ecosostenibili, ma li selezionano e classificano con autorevolezza e comprano anche su tutto il mercato italiano i tartufi migliori. Per comprare un vero tartufo bianco senza brutte sorprese, rivolgetevi ai tartufai di San Miniato.
Tra tanti stand sono stata attratta da quello di Monica Nacci, la titolare dell’azienda Tartufi Nacci. La incontro dietro al bancone impegnata con sua sorella e le due cugine – impresa familiare di generazione in generazione, un modello da incoraggiare e premiare – a dare pazienti spiegazioni con grande passione e competenza e rispondere alle curiosità dei visitatori che si accalcano per acquistare i suoi prodotti di qualità.
Sul banco occhieggiano preziosi tartufi di diverse dimensioni e tipologie e tutto intorno tanti prodotti a base di tartufo per soddisfare ogni voluttà culinaria. Avete idea di come può cambiare un piatto con olio o burro al tartufo, o con il condimento di salsa tartufata o porcini e tartufo (secondo me il miglior connubio)?
Nella linea luxury tutti questi prodotti sono addirittura realizzati col solo tartufo pregiato bianco, e si possono trovare delle vere curiosità come il miele al tartufo, e se siete curiosi alla ricerca dell’innovazione e dell’insolito, vi sfido a provare il preparato per “carbonara con tartufo” o “cacio e pepe con tartufo”. Beh le altre leccornie le lascio alla vostra ricerca sul sito web, e se andrete a San Miniato vi consiglio di visitare il negozio dove non solo si possono comprare i prodotti ma anche trovare oggetti, curiosità e informazioni sul tartufo.
Ma la vera sorpresa è che Monica Nacci offre anche la possibilità di partecipare ad una caccia al tartufo! Con i cani Birba e Maya si viene condotti per circa un’ ora e mezza nei boschi per sentieri segreti ed inizia il grande gioco fino all’escavazione del tartufo. E per completare, degustazione dei tartufi freschi appana scavati e pranzo gourmet, naturalmente a base di tartufi! Davvero un modo di vivere una giornata speciale, anche per festeggiare qualcosa di importante, e il tutto per un prezzo niente affatto caro. Basta prenotarsi ai contatti del sito web del link che vi ho lasciato sopra. Dunque è deciso, tornerò presto a San Miniato e il mio sogno di essere tartufaia per un giorno si potrà avverare!
I Vignaioli di san Miniato
Un eccellente tartufo richiede un fantastico vino. E voilà, a San Miniato potrete trovare anche quello grazie ai vignaioli che hanno selezionato non solo classico Chianti, ma tanti vini di qualità frutto di tradizione e innovazione. Il suolo così antico, nella parte più interna del mare pliocenico di composizione argillosa, la protezione a nord dell’Appennino e i venti marini che vi soffiano dolcemente, il sole d’estate e buoni picchi piovosi d’inverno, rendono perfetto il territorio di San Miniato per una vinicultura di qualità e molto polivalente. La terra si distingue per la sua mineralità e la sua freschezza, questo è uno dei pochissimi luoghi dove si coltiva la vite senza irrigazione, come si faceva una volta.
L’associazione dei vignaioli di San Miniato riunisce molti viticultori della zona ed è garanzia di qualità. Ne ho avuto prova nella degustazione degli ottimi vini nel padiglione deicato. C’è l’azienda Pietro Beconcini Agricola, i cui vini sono una riuscita unione tra un vitigno importato e le terre sanminiatesi;
Cupelli Spumanti, specializzato in bollicine tra cui lo spumante Erede realizzato con metodo classico dalle uve di trebbiano, c’è la Fattoria San Quintino, che ha superato i 50 anni di attività e che oltre ai vini vanta anche un ottimo vinsanto, c’è il Podere Pellicciano, a forte tradizione familiare (il vino Mafefa bianco buono per il tartufo, deriva dalle iniziali dei figli) che vuole valorizzare il territorio di san Miniato e produce vini con vitigni autoctoni, con lavorazione in purezza e diversificando molto.
Uno dei miei vignaioli preferiti, a cui vi raccomando una visita per un adeguato rifornimento della cantina, è la fattoria La Campigiana. Mi è piaciuta innanzitutto perchè è un’azienda con una gran tradizione, tre generazioni che si sono specializzate nella produzione di vini di sempre maggior qualità, e si sono distinte per un impegno ecologico nella riduzione dell’uso dei fitofarmaci, con vendemmia rigorosamente manuale rispettosa delle piante. Il vino rosso è riconosciuto col marchio D.O.C.G. del Consorzio Chianti, ma vi sono tanti altri vini interessanti ,frutto della combinazione di diversi vitigni. La specialità è il Magnatum Pico, vino che nell’etichetta (raffinata elaborazione di san Miniato vista dall’alto) e nel nome omaggia il tartufo bianco a cui bene si accompagna; deriva da una vendemmia tardiva, in cantina ha inizio la fermentazione, poi il vino è trasferito in fermentini di acciaio inox fino a fermentazione ultimata, e infine lo attendono 18 mesi di barrique di rovere francese. Squisito è l’ Imperatore, un vino atipico per la tradizione toscana perchè è un riuscito blend di uve shiraz, cabernet, merlot e un po’ di sangiovese.
I cantucci più buoni del mondo e il pasticcere letterato
Visto che ormai siamo entrati nel cuore dei sapori di San Miniato, vi devo condurre in un luogo che non dimenticherete facilmente: la pasticceria e cantina Il Cantuccio di Federigo. Non è un posto facile da trovare se non lo si conosce, una sola vetrina in un palazzetto storico del centro, ma basta aprire la porta e verrete avvolti da buonissimi effluvi e vi troverete di fronte al tempio della dolcezza di San Miniato.
Il cantuccio gioca sul doppio significato di angolino e del famoso dolcetto toscano, mentre Federigo è niente meno che il Barbarossa, a cui il titolare fa gli onori con una divisa bianca decorata di fronde d’oro con lo stemma imperiale di San Miniato,
Qui si producono i migliori cantucci della Toscana e di tutta Italia, e di conseguenza del mondo. I cantucci sono dolci buonissimi, ma spesso sono troppo duri, mentre qui si rivelano croccanti, consistenti al punto giusto, deliziosamente profumati. Impossibile strappare la formula segretissima dell’impasto, gelosamente conservata al pari di quella della CocaCola. Non vanno intinti nel vinsanto, ci suggerisce il titolare, vanno mangiati alternandoli ad un sorso per gustare l’armonia dell’accostamento.
Il titolare Paolo Gazzarrini non è solo un ottimo pasticcere e un collezionista di vini di grande preparazione, lui è una persona speciale, un letterato già ricercatore in lettere e filosofia e vincitore di una prestigiosa borsa presso l’università di Firenze, che non ha mai smesso di riportare il suo sapere nell’arte in cui ora si cimenta con passione. Venire qui a parlare con lui varrebbe già la pena anche se i dolci non fossero la meraviglia che sono.
Lui ha raccolto e studiato ricettari della tradizione locale, italiana e internazionale, prodotti nei secoli e portati a San Miniato anche dai pellegrini della via Francigena, e ha riprodotto con elementi di sapiente innovazione i dolci antichi, creandone di nuovi anche molto particolari, che alterna nei vari periodi dell’anno perchè sarebbero davvero troppi messi insieme. Qui il suo profilo instagram per ulteriori immagini.
Esordisce spiegandoci che spesso le cose più semplici sono le più godibili, cita il Rasoio di Occam, ovvero il principio di parsimonia che indica di scegliere tra pià soluzioni valide la più semplice per risolvere un problema, e ci porta ad esempio un paragone tra la complessità della Recherche di Proust e l’immediatezza con cui l’Infinito di Leopardi ci tocca il cuore. E come dimostrazione ci offre una fetta di crostata. Semplice non vuol dire facile: fare bene una cosa semplice come la crostata è difficile, Paolo la definisce la O di Giotto! E qui, da una semplice fetta di crostata, capiamo letteralmente di che pasta sono fatti i dolci di Paolo, davvero delizioso l’impasto e la marmellata anch’essa realizzata da lui. E per la cronaca, c’erano due decine di diversi tipi di crostata con i gusti più diversi da provare, tutte O di Giotto tagliate dal coltello (rasoio) di Occam, c’è da scommetterci.
Tra citazioni letterarie e perle filosofiche il tempo trascorre in fretta, nella percezione di una passione e di un’intelligenza applicate ai dolci come potrebbero esserlo su un’altra materia di ricerca dello spirito umano, non senza provare gli ottimi cavallucci e i ricciarelli così raffinati da squagliarsi in bocca nelle varie declinazioni possibili.
Poi è la volta del piano di sotto, la cantina, l’orgoglio di Paolo, che è un formidabile conoscitore di ogni singolo vino ed un collezionista di prima classe, tanto atipico e distaccato da dire che si possono collezionare francobolli, ma i vini, anche i più rari vengono onorati solo quando si bevono. Se cercate qualcosa di veramente speciale, di nicchia o di annate introvabili, questo è il posto giusto.
Il vicolo Carbonaio
Quello che v ho raccontato sui sapori e sul buon viere di San Miniato è frutto di tanta passione dei suoi abitanti, lo si percepisce subito parlando con loro. Questo vale anche per tanti altri aspetti del paese meno conosciuti. Perciò vi voglio anche raccontare il vicolo Carbonaio, una curiosità urbanistica che è una vera chicca recentemente recuperata grazie a quel fervore delle associazioni di volontariato di cui vi parlavo prima, i Moti Carbonari. Ve ne parlo perchè è molto grazioso ed interessante, ma anche perchè lo trovo un po’ il simbolo di un amore per il territorio che unisce passato, presente e futuro, e fa sì che l’anima di un luogo non vada perduta per incuria, o per il semplice trascorrere del tempo che travolge tutto. Alessio, volontario dell’associazione, è stato una bravissima guida lungo il percorso recuperato e mi ha raccontato la sua storia, se venite a San Miniato non dimenticate di contattarli per una visita. Questo il loro profilo instagram.
Nel medioevo San Miniato era concepito come un borgo fortificato in posizione arroccata sulla collina, intorno al quale era scavato un ampio fossato che in caso di bisogno veniva incendiato. Ecco perchè c’era bisogno che tutto intorno vi fossero i depositi di carbone e che vi fossero ripidi sentieri d’accesso dal paese, come lo Sdrucciolo del Frantoio, sulla fiancata del complesso di san Domenico, o Vico Gargozzi, chiamato così perchè un tempo vi venivano probabilmenete condotti col cappio alla gola i condannati al patibolo.
Col passare dei secoli il fossato fu colmato, parte della parete della collina franò seppellendone le tracce, e il tutto fu ricoperto da abbondante vegetazione. Finchè l’Associazione Moti Carbonari ebbe l’idea di ritrovare e ripristinare il sentiero, facendone un luogo di memoria culturale, di bellezze naturalistiche e di aggregazione cittadina.
I circa dieci volontari si ritrovano ogni domenica a lavorare insieme e fare quella che scherzosamente chiamano “vicoloterapia”, attività di giardinaggio, di messa in sicurezza e recupero del territorio. Il vicolo carbonaro si affaccia sul versante sud della collina, con un bellissimo panorama che si può ammirare percorrendo tutto il sentiero recuperato, che si dipana esternamente agli orti dei palazzi cittadini, ora seguendo ora immaginando l’originario percorso del fossato.
Sono state recuperate viti antiche, piantate rose in memoria delle donne vittime di violenza, trasportati i pesanti stipiti di pietra serena dell’antico carcere che giacevano in un magazzino per farne panchine, realizzati murales da parte di due giovani artisti sanminiatesi rappresentanti gli animali tipici, organizzati concerti e momenti di ritrovo per la cittadinanza, fatti lavori di consolidamento per impedire frane che travolgano di nuovo tutto, sono stati scoperti frammenti di ceramica dipinta e persino riportato alla luce un rifugio della seconda guerra mondiale.
Discover San Miniato; scoprire la città con brio
Anche se probabilmente arrivati a San Miniato vi farete travolgere dalla sua gaudente atmosfera e dai suoi sapori, San Miniato è città di storia e di arte e quindi vi imbatterete nel vostro vagare in bei palazzi, chiese, monumenti che sarebbe un peccato non visitare.
Per non fare la solita visita con una sequenza di monumenti che si dimenticano perchè guardati distrattamente senza conoscere la loro anima, vi consiglio di rivolgervi a Discover San Miniato; se amate fare qualcosa di particolare sappiate che insieme ai tour cittadini loro organizzano anche vere e proprie cacce al tesoro e wine tour.
La bravissima Sara di Discover San Miniato mi ha fatto scoprire i luoghi simbolo della città con competenza e soprattutto con molto brio, rendendo vivi i protagonisti della storia sanminiatese con aneddoti e particolari, raccontando le tradizioni e gli eventi, non risparmiando curiosità e includendo luoghi insoliti non prettamente meta del turismo di massa, come la Via Angelica (che lascio scoprire a voi, altrimenti vi tolgo il gusto dell’esplorazione). Quello che vi racconto è in gran parte merito suo, e potete visitare il profilo instagram per un’ulteriore documentazione fotografica.
Mille Miglia e Venti Miglia
San Miniato è tappa della Mille Miglia, storica competizione automobilistica, che ogni anno passa di qua per la gioia degli appassionati delle auto d’epoca.
Ma sentirete parlare anche di San Miniato come città delle Venti Miglia, e no, non è un errore, questo appellativo sta ad indicare che San Miniato si trova ad una distanza di meno di venti miglia da tutti i principali centri storici toscani: Lucca, Pistoia, Prato, San Giminiano, Volterra. Dall’Alto della Torre di Federico, dove lo sguardo abbraccia un panorama vastissimo, si riescono a scorgere perfettamente le torri di Volterra e di San Giminiano.
Imperatori, papi e geni nel Palazzo dei Vicari
Gli imperatori tedeschi si erano resi conto di quanto questa collocazione di San Miniato fosse strategica, ideale per farne il centro di dominio della Tuscia. Così rasero al suolo il borgo di San Genesio, che era colloocato più in basso ed era un importante centro commerciale, con una bella pieve, e costrinsero gli abitanti a trasferirsi nella nuova San Miniato in cima al colle, deviando persino il percorso della Via Francigena che prima passava in basso. Distrutta la pieve, ne portarono il fonte battesimale nella nuova cattedrale, che prende il nome di Santa Maria Assunta e San Genesio.
San Miniato iniziò a crescere, intorno al nucleo principale di edifici della piazza detta Prato del Duomo: qui sorge il Palazzo dei Vicari Imperiali, oggi hotel e ristorante, che era il palazzo di coloro che amministravano la città in nome degli Imperatori, quando questi non erano fisicamente presenti; per periodi discontinui infatti a San Miniato dimorarono gli stessi imperatori, Federico Brbarossa, Federico II, Ottone I ed Enrico IV; oggi è rimasta del palazzo la torre originaria, che però non è visitabile, è piena di terra.
Qui soggiornarono tanti personaggi importanti tra cui Clemente VII, papa della famiglia Medici nipote di Lorenzo il Magnifico e grande mecenate delle arti; venuto a conoscenza della presenza del papa, Michelangelo partì da Firenze, e con una cavalcata di due ore giunse qui, per discutere in questo palazzo col papa della realizzazione della Cappella Sistina: il papa voleva dipinta una resurrezione, Michelangelo insistette per il giudizio universale, e sappiamo chi la vinse; una placca nell’hotel ricorda questo evento.
Anche Leonardo da Vinci venne ospite a San Miniato a studiare il terreno ricco di fossili e fu il primo a capire che qui un tempo si trovava il mare (la chiesa pensava invece che i fossili fossero i resti del diluvio universale!).
Nella stessa piazza del Palazzo dei Vicari si trova anche il Palazzo Vescovile. San Miniato è sede vescovile dal 1622, ma il palazzo è più antico, era collegato da un ponte al palazzo dei Vicari ed era utilizzato per funzioni politiche. Allora San Miniato era sotto la diocesi di Lucca, finchè Maria Maddalena d ‘Austria (moglie di Cosimo II dei Medici) si innamorò di San Miniato e il marito glie ne regalò il governato, e lei spinse presso il papa affinchè la città crescesse d’importanza diventando diocesi.
La Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Genesio
Federico II amò San Miniato e fece restaurare la cattedrale e costruire la rocca che prese appunto il suo nome, entrando personalmente in alcuni dettagli architettonici. Nonostante fosse stato scomunicato dal papa, Federico finanziò il rifacimento della cattedrale di Santa Maria Assunta e San Genesio e fece inserire sulla facciata dei bacini ceramici, messi nella particolare formazione che ricorda la costellazione dell’Orsa Maggiore; il significato era un’allegoria religiosa: Dio come stella polare che indica la via della salvezza. Sempre sulla facciata sono tre faccine di marmo e una piccola pietra di marmo con un labirinto, forse assieme ai bacini ceramici erano dei veri e propri souvenir portati qui dai crociati dalle terre d’oriente.
L’interno è neorinascimentale con decorazini soprattuto ottocentesche, e spiccano alcune sculture a bassorilievo molto belle tra cui quelle del pulpito, realizzate da una scultrice donna, Amalia Duprè, figlia del famoso Giovanni Duprè.
E’ interessante il cenotafio di Jacopo Buonaparte, antenato di Napoleone, che lo rappresenta evidenziando volutamente la somiglianza con il famoso pronipote. I Buonaparte erano infatti originari di San Miniato, e Napoleone venne effettivamente da ragazzo a San Miniato per ottenere i documenti che ne provassero la nobiltà, al fine di essere ammesso in Francia alla scuola ufficiali. Ritornò poi, quando era già il conquistatore d’Europa, con il codazzo di esercito che possiamo immaginare, e la leggenda narra che si fermò una notte intera a discuere con l’anziano zio Filippo Buonaparte, canonico del duomo, che pare gli desse persino (lui a Napoleone) consigli militari.
La Notte di San Lorenzo
La cattedrale di San Miniato fu teatro durante la seconda guerra mondiale della strage che ispirò il film “la Notte di San Lorenzo” dei Fratelli Taviani, di origine san miniatese. Il film non fu girato nella cattedrale di San Miniato per una forma di rispetto verso i parenti delle vittime, affinchè non rivivessero sia pur nella finzione cinematografica gli orrori di quel giorno, ma diverse scene furono girate nel convento di Santa Chiara, le cui stanze dedicate alla ristorazione sono decorate dalle foto tratte dal film.
Il 70% degli edifici di San Minitato era rasa al suolo, e vi furono certo scontri con formazioni partigiane (c’è un museo della memoria interessante da visitare), ma l’evento saliente si consumò il 22 luglio del 1944; i tedeschi in fuga sotto la pressione degli americani avevano bisogno delle braccia degli uomini del paese per svuotare le strade dalle macerie e poter scappare; radunarono invece vecchi, donne e bambini nella cattedrale. Contro il transetto destro della chiesa durante la messa delle 10.30 fu però diretto un proiettile di artiglieria che causò la morte di 55 persone, tra cui intere famiglie sterminate. La colpa dell’orrore fu a lungo data ai tedeschi, e difatti su questa ricostruzione si basa il film, ma solo dopo molto tempo, ritrovando la matricola del proiettile, si capì che si trattava di un ordigno americano. Questa scoperta creò molto imbarazzo e fu assai divisiva, ma non toglie nulla alla brutalità della guerra e di coloro che la causarono.
La torre di Matilde
Il campanile dietro la chiesa non sembra un campanile, è una vera e propria torre, chiamata la Torre di Matilde, perhè una leggenda (falsa) vuole che Matilde di Canossa, la potente contessa amica del papa, che ebbe un ruolo storico importante nonostante una vita assai difficile, sia nata lì. Questo perchè il padre di Matilde era un vicario imperiale e si immaginò che soggiornasse a San Miniato al momento della nascita di Matilde, che comunque inv ita sua soggiornò effettivamente nella città.
Probabilmente la torre prima di essere campanile era una struttura difensiva, solo succesivamente collegata alla chiesa e usata come campanile, le cui campane suonavano anche in caso di calamità, o per richiamare i cittadini alla guerra. E’ una torre ancora originale del 1200, con gli scalini alti e stretti.
In epoca medievale a San Miniato c’erano anche diverse case torri , tra cui la Torre delle Cornacchie, che poi col tempo furono distrutte.
La Rocca di Federico II
E ora, per smaltire un po’ di tartufo e company, siete pronti all’ascesa alla Rocca Federiciana? E’ il punto più alto, panoramico e imperdibile di San Miniato. Domina tutta la Valdarno dall’alto di una collina di 192 metri. Qui si trova un prato tondeggiante da cui si vede un panorama pazzesco, eppure è niente rispetto a ciò che si può ammirare saliti i 129 scalini della torre.
In questa torre la leggenda nara che sia stato accecato il cacelliere di Federico II, Pier delle Vigne, dopo la sua caduta in disgrazia, reso celeberrimo da Dante tra i suicidi.
La Rocca originale del XIII secolo fu fatta saltare dai tedeschi nel 1944 a scopo difensivo, ma fu ricostruita in maniera fedelissima all’originale nel 1958.
Sul prato d’estate vi sono interessanti eventi di divulgazione astronomica con osservazione con il cannocchiale e con proiezioni tematiche.
Fa bene allo spirito rilassarsi quassù e lasciarsi trasportare dalla fantasia in volo su questo panorama caratterizzato da valli e colline dalle mille sfumature dal marrone al giallo oro al verde, dove troneggia la biodiversità e la qualità delle produzioni agricole.
Agritursmo e Tenuta agricola Cafaggio, nel cuore della bellezza sanminatese
E allora voglio terminare questi miei consigli di viaggio regalandovi il suggerimento di un luogo dove andare ad immergervi nella più bella campagna di San Miniato: l’ Agriturismo e Tenuta Agricola Cafaggio.
Percorrendo una strada tra le colline ricche di campi, oliveti e vigneti, raggiugete un complesso di casali elegantemente racchiuso da un’alta siepe contornata da cipressi, con una piscina e un gran parco in cui d’estate vengono montate delle tensostrutture sotto cui rilassarsi e fare colazione. Le stanze sono ampie e confortevoli, climatizzate, con i letti comodi in cui sprofondare e i soffitti in legno.
Al risveglio la colazione fatta in casa, preparata personalmente dalla proprietaria signora Claudia, è ricca di ogni ben di Dio, dai migliori formaggi e salumi toscani, alla varietà di buonissime torte fatte in casa, alla spremuta di arancia fresca. Nell’agriturismo Cafaggio si può anche venire per un pranzo gourmet, con prodotti a km0 della tenuta, comprese le carni delle mucche limousine allevate dall’azienda con grande cura ed approccio ecosostenibile. L’olio e il vino anche sono di produzione locale e di grande qualità.
Non è scontata la gentilezza e la premura della famiglia che, pur proprietaria di una grandissima e importante tenuta, ci tiene ad accogliere personalmente gli ospiti e mostrare loro le bellezze e le bontà; si occuperanno di voi sia Claudia, la regina della tenuta, sia il marito ex parà della Folgore, sia il loro giovane figlio che si avvia a continuare la tradizione familiare, sia il simpatico zio Marino, verace toscano factotum dell’azienda.
Vi porteranno a scoprire la vastissima azienda agricola (guardate qualche foto sul loro profilo instagram per farvi un’idea) che comprende allevamenti di mucche limousine e di capre, vigneti, oliveti (con visita al frantoio e spiegazione di come si produce un olio di qualità) e un paesaggio da cartolina da non dimenticare.
Insomma, il calore dei toscani, i sapori di San Miniato e la bellezza di questa splendida terra!
N.B. Questo articolo è frutto della bellissima esperienza fatta a San Miniato durante la 51 ° Mostra del tartufo bianco, grazie alla collaborazione con San Miniato Promozione. Il mio grazie va in particolare a Giulia Cecchini, responsabile dello strategic marketing and commuication e splendida organizzatrice della campagna di promozione. Grazie alle Travel Blogger Italiane e a Paola Bertoni per avermi proposto questa opportunità e inviato a raccontare a San Miniato.
Il tuo articolo è super interessante! Avevo già in programma di visitare San Minato, ma non credevo ci fossero così tante cose da fare e da vedere!
da fare, da vedere e da assaporare…agli indirizzi giusti 🙂