Cile – La Serena, Coquimbo, la valle dell’Elqui e la Via delle stelle

LA SERENA O COQUIMBO?

La Serena e Coquimbo sono sorelle e rivali: due cittadine costiere a nord di Santiago del Cile in espansione e ormai giunte ad essere quasi attaccate tra di loro, ma diversissime nella loro identità, così che più diminuisce la distanza più aumenta la frizione.

La Serena ospita l’aeroporto, ma Coquimbo dà il nome alla regione. La Serena ha l’Università, ma Coquimbo ha un nuovissimo casinò.

Naturalmente hanno due stadi e due squadre di calcio così nemiche tra loro e non sono rari gli accoltellamenti mortali ed in genere i fatti di sangue durante i derby.

La Serena è  più nota e più ricca, vanta un passato coloniale che le ha lasciato in eredità l’impianto urbanistico inconfondibile con le case  basse e colorate, spesso con l’intonaco bianco e le decorazioni rosso mattone a contrasto, con la Plaza des Armas centrale larga e alberata che è il cuore della vita cittadina, con la cattedrale antica.

A La Serena anche la tradizione indigena precoloniale è forte,  basti pensare alla splendida collezione di ceramiche precolombiane Diaguita contenuta nel museo  archeologico,  che purtroppo è chiuso a causa dei danneggiamenti subiti per un terremoto.

La tradizione indigena si tramanda anche nelle lavorazioni artigianali, ed è divertente visitare la Recova, il mercato coperto dell’artigianato locale, dove faccio i miei primi acquisti cileni di cianfrusaglie, scegliendo in quell’irresistibile mix fantasioso e colorato proprio dei mercati etnici,  tra strumenti musicali indigeni, cesti intrerecciati, ponchos e maglioni di lana di alpaca, bamboline di stoffe coloratissime in tipico stile sudamericano, pupazzetti di alpaca fatti di vera morbida lana di quell’animale, dolcetti di papaya (coltivata nella zona) e bottigliette di pisco.

Girando qua e là tra strade e piazzette ci sono tanti altri mercatini artigianali, e forse la cosa più gradevole da fare a La Serena è proprio passeggiare per le vie del centro contornate da edifici coloniali, molte pedonali, scovare angolini pittoreschi e godersi questo centro così grazioso.

La Serena cerca nel suo passato storico motivi di attrazione turistica, sfiorando il grottesco quando fu deciso di costruire un “antico faro” mai esistito e per di più lasciato privo di destinazione e manutenzione dopo il suo completamento, per farlo ammirare ai visitatori come ulteriore monumento simil-coloniale.

Molto più belle le lunghe spiagge bianche, che si susseguono lungo l’Avenida del Mar, dove tanti prendono il sole ma pochi fanno il bagno, sempre di oceano si tratta e  anche d’estate fa abbastanza freddino. Lungo l’Avenida del Mar sembra esserci una Serena completamente diversa, moderna, fatta di hotel e resort, meno affascinante.

Coquimbo è stato ed è in fondo ancora, nonostante gli sforzi per farne città mondana, un paese di pescatori, dalle piccole casupole colorate arroccate sulla collina, senza monumenti del passato, ma con una grande vitalità presente; sta diventando più ricca tramite un programma di sviluppo che gira intorno alle attività ittiche e difatti se dovessi dire la cosa più interessante da vedere non avrei dubbi: il suo mercato del pesce è molto pittoresco da visitare.

Sui suoi banchi si trovano soprattutto salmoni, grossi pesci dell’oceano,  piccoli squali, molluschi di tutti i tipi, alcuni stranissimi e mai visti in Italia, altri di dimensioni abnormi come le cozze col guscio lungo quasi una mano, coloratissime vaschette di pesce e frutti di mare preparati secondo la ricetta della “ceviche”, cioè macerati crudi in una salsa di limone, lime, pomodorini e cipolla.

Interessante un banco che vende mascelle e denti di squalo e modellini di barche, una sorta di catamarani  con due scafi di legno uniti da un telo di pelle, realizzati proprio con legno e cuoio. Ci sono anche lame realizzate con la spada del pesce spada e col manico foderato in cuoio. Ad avere coraggio nel mercato si può anche fermarsi ai tavolini di piccoli bistrot a mangiare il pesce crudo o fritto sul momento. Sicuramente non si pongono problemi i leoni marini che spesso sostano in mare dietro al mercato, contendendosi rumorosamente qualche generoso regalo da parte dei pescivendoli.

Coquimbo  si trova in una posizione da sempre considerata ottimale per un porto, come testimonia il suo nome indios che significa “Acque tranquille”.  Anche qui tante belle spiagge, tra cui la Herradura, molte persone a prendere il sole e pochi bagnanti.

Sul promontorio chiamato Punta Pelicanos, perchè al suo largo si stagliano alcune isolette abitate da pellicani, sorge lo storico Fort Lambert, costruito a fine 1800 per proteggere la città ed il Cile dall’attacco delle navi peruviane durante la Guerra del Pacifico e restaurato per restituirlo alla cittadinanza come piacevole luogo di passeggio; ha un grosso cannone di fabbricazione inglese puntato lungo il mare, e diversi tratti di mura e di torrette.

A largo nel mare, passa un veliero pirata che è un’attrazione turistica anche se a Coquimbo (dove però approdò Drake) non ci sono mai stati davvero minacce di pirati.

Coquimbo è cresciuta velocemente , espandendosi in modo un po’ disordinato, e gli abusi edilizi delle piccole casette spesso costruite con le proprie mani dagli abitanti sono stati condonati e il comune ha provveduto alle opere di urbanizzazione, cercando di riqualificare le zone di espansione spontanea; così  ad es. questo punto panoramico è stato appena attrezzato con un’installazione architettonica che cerca di coniugare elementi naturali (fiori e piante tipiche della zona) con rappresentazioni stilizzate di mestieri tipici.

Il cuore animato di Coquimbo è il Barrio Ingles, il quartiere inglese,  agglomerato pittoresco e un po’ logoro fatto di casette colorate e ricoperte di murales nati dalla spontanea arte popolare, ricco di ristorantini e locali, centro della vita notturna e, a quanto mi si dice, luogo dove stare ben attenti a borsa e portafoglio.

Forse per questa sua crescita un po’ fuori dal controllo i terremoti, in questa zona particolarmente sismica, hanno spesso portato devastazione, anche in abbinamento agli tsunami indotti dai sommovimenti del fondo marino. Nel 2015, alla vigilia dei grandi festeggiamenti per l’indipendenza del Cile che qui a Coquimbo hanno proprio il loro punto forte, un terremoto di magnitudo 8,4, seguito da uno tsunami con onde altissime, causò diverse vittime.  E ora nel 2019, proprio appena pochi giorni dopo la mia partenza, ecco un altro terremoto magnitudo 6,1, fortunatamente senza gravi conseguenze.

Siccome Coquimbo non ha grandi monumenti del passato cerca di darsi un tono costruendo monumenti moderni.  Così sul suo punto più alto è stata innalzata un’enorme croce di cemento armato con sculture a grandezza naturale della via crucis,  la “Cruz del Terzer Milenio”, dentro cui si sale con un ascensore a tre piani; le sue braccia offrono un bel panorama su Coquimbo e La Serena e contengono una chiesa e un museo dei papi.

La ragazza di Coquimbo che mi guidava era molto meravigliata che non fossi interessata ad una visita al museo dei papi, mentre tentavo di giustificarmi “sai, vengo da Roma…”. Col biglietto di ingresso ti offrono una foto ricordo gratis, poi dopo averla scattata ti spiegano che ora ne devi fare una seconda a pagamento.

Non so se sia venuta prima a La Serena l’idea del finto faro antico o a Coquimbo quella della croce di cemento armato, ma sicuramente nella rincorsa al cattivo gusto le due rivali se la battono bene.

Insomma, un giorno basta per vederle tutte e due e per dedicarsi poi ad altri luoghi della regione, questi sì davvero interessanti.

L’ISLA DAMAS SOLO IN CARTOLINA

Il mio desiderio, venendo a La Serena, era di imbarcarmi per la Isla Damas, la principale delle tre isole che compongono la riserva nazionale del pinguino di Humboldt.

Ormai ho visitato colonie di pinguini in tanti posti su tre continenti, ma adoro questi animali simpatici, un po’ buffi, un po’ curiosi e molto social. Inoltre ci sono leoni marini, chungungo (una specie di nutria specifica del posto), molte specie di uccelli marini come i pellicani,  e le foto dell’Isla Damas, con la sua bella flora, le sue spiagge bianche e le sue acque smeraldine, erano irresistibili. L’Isla Damas è fortemente protetta e quindi è possibile sbarcare per una sola ora, godendo della natura delle imbarcazioni.

Ma con la natura non si può comandare, ed è capitato che, caso raro in estate, il mare fosse particolarmente agitato, così la capitaneria ha disposto la chiusura del porto e nessun battello è partito per l’Isla Damas, e io che avevo ben programmato tutto ho dovuto rinunciarvi. Non so se considerare la delusione per la mancata visita della Isla Damas come una buona occasione, ma posso dire che le alternative si sono rivelate molto avvincenti; questo inconveniente mi ha infatti permesso di potermi addentrare nel cd “Nord chico”, il piccolo nord, una zona di transizione  tra le pianure del centro e le aride montagne dei deserti del nord, un territorio ondulato caratterizzato da strette valli scavate da piccoli fiumi e coltivate intensivamente, montagne brulle, villaggi pittoreschi.

LA VALLE DELL’ ELQUI

La Valle dell’Elqui inizia sulla costa, nei pressi de La Serena. All’imboccatura della valle, così vicino al mare, il clima è adatto agli agrumi (limoni e aranci), alla papaya, è costantemente umido e vi aleggia una nebbiolina costiera tipica, chiamata “camanchaca”,  presente tutte le mattine.

Ma penetrando nel profondo della valle. arrimpicandosi sulle Ande, il clima diventa secco e molto soleggiato, adatto a distese immense di vigne: è un paesaggio molto particolare perchè sembra quasi tagliato in due con l’accetta: da un lato vi sono le montagne aride, quasi pendici del deserto, su cui crescono solo i cactus giganti. Dall’altro la valle è verdissima,di un verde brillante quasi fluorescente, tutta coltivata a viti. Nella valle dell’Elqui, per la particolare conformazione del suolo, non si produce vino, l’ottimo vino cileno che invece è la produzione tipica della zona di Valparaiso, ma il liquore nazionale cileno, il pisco. Lo spettacolo di questa parte della valle è veramente bello e suggestivo per questo contrasto unico tra terreni diversi.

Una grande diga sul fiume Elqui, la Puclara, ha creato un lago artificiale su un vasto territorio dove un tempo esistevano dei villaggi indigeni. Certi anni il livello delle acque è così basso da far riemergere suggestivamente le rovine delle abitazioni abbandonate per far posto al lago, in altri anni il livello è molto  alto e l’acqua defluisce naturalmente dalla diga attraverso un sistema di canali di irrigazione che alimentano il terreno che viene sfruttato per i vigneti.

Faccio una sosta per passeggiare sulla diga, da cui si gode di uno splendido panorama sul lago e sulla valle. Ci sono alcuni banchetti che vendono, insieme all’ omnipresente pisco, alcuni lavori artigianali fatti sul luogo, tra cui mi colpiscono i manufatti in legno di cactus (ho sempre pensato ai cactus come piante dal tessuto molle, ma questi giganti sono di vero e proprio legno), e  i “bastoni della pioggia” che sono antichi strumenti musicali a forma di tubo ricavato sempre dal legno del cactus in cui sono conficcate le spine del cactus e dentro sono inseriti sassolini che scossi fanno vibrare le spine e producono un suono come di scroscio di pioggia.

Assaggio il frutto del cactus, chiamato “copao”, scoperchiato della parte superiore  e condito con  zucchero abbondante. Assomiglia vagamente ad un kiwi un po’ aspro, con tutti i suoi semini neri; a me piace molto  e faccio il bis.

 

Sulla diga c’è un ingegnoso  monumento: un arco di ferro con delle corde tese che vibrano al passaggio del forte vento modulando melodie casuali.

IL PISCO

La tappa successiva è in una delle più note aziende produttrici di Pisco, la “Capel”, dove ho avuto la possibilità grazie ad un interessante tour guidato di conoscere meglio le peculiarità della coltivazione delle vigne da pisco e di produzione di questo liquore nazionale.

Il Pisco è una denominazione d’origine protetta in Cile e in Perù. In Cile per chiamarsi così può provenire solo da tre valli nella regine dell’Elqui e da due valli nella regione di Atacama. In queste zone il suolo è alcalino, l’acqua deve essere trovata in profondità, il sole è molto forte, le uve quindi crescono con forte concentrato zuccherino e bassa acidità.  I filari dell’uva da Pisco sono più alti di quelli da vino, e sono di 5 varietà: moscatel rosada, moscatel de Alejandria, moscatel de Austria, Pedro Jimenez, Torontel.

Nell’azienda che ho visitato la raccolta delle uve è indistinta per tipologia, avviene nell’arco di due mesi (febbraio e marzo) nei quali ogni giorno camion di uva arrivano in distilleria. Qui il primo trattamento consiste nella tritatura e separazione dei graspi e delle bucce dal succo, che viene pompato in dei grossi silos di acciaio dove per 48 ore al massimo si effettua la prima fermentazione e la separazione per precipitazione degli elementi più pesanti rimasti dal primo trattamento.

Successivamente il succo viene portato per la successiva fase di fermentazione in grossi tini di acciaio, e al termine di questa fase  si ricava un vino a forte gradazione, che viene poi distillato due volte e tenuto per due anni ad invecchiare.   Il risultato della distillazione è un brandy di circa 40 gradi alcolici, dall’aroma fruttato, che viene invecchiato in diversi tipi di botte a secondo del risultato finale che si vuole ottenere: in botti di legno americano, e in questo caso ne esce un liquore dal colore un po’ giallino, o in botti di metallo, ed allora la colorazione è trasparente, o infine in botticelle francesi e allora il colore è dorato. A seconda del tipo ottenuto, si beve puro o in cocktail; tra i cocktail  è famoso il Pisco Sour, che si beve ghiacciato con succo di limone e zucchero, e albume che fa schiuma in superficie.

Alla fine del tour, molto interessante anche da un punto di vista storico perchè nel piccolo museo aziendale sono conservati strumenti di lavoro di una lunghissima tradizione e documenti di un secolo di lavorazione, arriva l’assaggio: il pisco puro non mi è piaciuto gran che, non regge certo il confronto con la nostra grappa, mentre ho trovato molto gradevole il Pisco Sour.

PISCO ELQUI

Proseguendo verso l’interno della valle dell’Elqui, arrivo al termine della strada asfaltata nel cuore della valle, in una posizione scenica sulla precordigliera delle Ande, nel paese di Pisco Elqui. Ha ottenuto di poter abbinare le due parole nel suo nome in epoca recente proprio per rivendicare il legame unico tra la valle dell’Elqui e il Pisco. Oltre questo paese finiscono i presidi dello stato, le scuole, la forza pubblica, iniziano villaggi sperduti raggiungibili solo per vie sterrate su per le montagne.

E’ un posto piccolo, tranquillo, colorato,  dove varrebbe la pena fermarsi qualche giorno per rilassarsi, mangiare cibo tipico genuino, fare trekking in una zona ancora incontaminata sotto uno dei cieli più belli del mondo.

Io ho fatto un bellissimo trekking a cavallo passando tra le montagne intorno a Pisco Elqui, aspettando che il sole calasse un po’ e premunendomi comunque con una bella spalmata di crema solare, perchè il sole di montagna a questa latitudine è micidiale. Certe volte, sui sentieri stretti tracciati tra polvere e pietre avevo paura che i cavalli potessero scivolare e cadere giù da quelle altezze, o che potessi caderci io senza il cavallo, visto che non sono una grande cavallerizza e allora cercavo di tenermi stretta stretta alla sella cilena, che è più piccola e scomoda della sella argentina, e non ha un pomo a cui aggrapparsi. Ma vinto questo timore, e lanciatami persino al galoppo, ci ho preso gusto e il trekking è stato bellissimo.

VICUGNA

Con il calare della sera arrivo al paese di Vicugna, che prende il nome dalla vigogna che vive sulle Ande.

E’ un paese carino,colorato e con molti murales, con il municipio (il “cabildo”) che è una curiosa costruzione con un torre tutta rossa e la chiesa fianco a fianco in stile coloniale molto graziosi, con lo zocalo centrale tutto piante e aiuole fiorite e un museo e un monumento (che è la riproduzione gigante della sua maschera funeraria) dedicati alla poetessa Gabriela Mistral, nata nella valle dell’Elqui e di cui qui tutti vanno molto orgogliosi, ne parlano quasi con devozione.  C’è anche un altro monumento alla Mistral che la rappresenta con due bambini, in veste di educatrice.

Gabriela Mistral, vincitrice del premio Nobel, era  insegnante ed educatrice, collaborò alla dichiarazione dei diritti dei bambini dell’ONU, e ai bambini e alla maternità sono dedicate molte sue poesie; ma era anche donna dalle molte sfaccettature, femminista, con forte senso religioso, diplomatica, cittadina del mondo che tanto girò, rimanendo però struggentemente legata alle sue origini.

Vicugna si trova su una via che significativamente è chiamata “Ruta de las estrellas”: infatti è punto di sosta dove usualmente si viene per cenare in uno dei tanti locali carini e aspettare che scenda la sera per coloro che come me si avventurano verso uno dei cinque osservatori astronomici presenti tra le montagne della valle dell’Elqui e delle valli vicine. Niente insegne al neon, illuminazione al minimo fatta di luce calda: Vicugna si è attrezzata per non inquinare il cielo, che dal canto suo regala 300 giorni all’anno di sereno.

LA RUTA DE LAS ESTRELLAS: IL CIELO PIU’ BELLO DEL MONDO

Da queste parti il cielo è il più bello del mondo: già l’emisfero sud è il più popolato di stelle, e l’altezza dei monti che fermano le nuvole provenienti da est, il mare freddo che non crea umidità, l’aria pura e l’assenza di fonti di inquinamento luminoso fanno di questa zona del Cile il luogo ideale per il posizionamento di grandi telescopi, e difatti qui c’è la maggiore concentrazione di osservatori di tutto il mondo. Alcuni sono osservatori astronomici celeberrimi, come quello de La Silla, ma naturalmente la visita di questi luoghi di ricerca scientifica può essere fatta solo di giorno e senza accostarsi alle attrezzature per non ostacolare il lavoro degli scienziati. Altri sono centri più amatoriali, ma che possono regalare una straordinaria esperienza di osservazione ai neofiti come me.

L’osservatorio dove ho potuto fare un’esperienza della meraviglia di questo cielo è quello di Mamalluca, posto sulla cima di una montagna non lontana da Vicugna ,che vanta due cupole girevoli attrezzate con telescopi automatici, una sala proiezioni e diversi telescopi manuali all’aperto.

Esperienza molto bella, unico neo il numero eccessivo di partecipanti, per cui ad ogni nuovo puntamento occorreva fare la fila davanti al telescopio, e ad ogni colpettino inavvertitamente dato da qualcuno l’astronomo doveva re-inquadrare tutto.

Dentro la cupola  dapprima l’astronomo che ha guidato questa serata di osservazione ci ha mostrato con il telescopio automatico diversi corpi celesti, i più luminosi e spettacolari come la stella Sirio o particolari come il pianeta Marte. Poi, con l’occhio ormai abituato al buio, siamo usciti all’aperto mentre la notte era avanzata ed il cielo si era popolato di una miriade di stelle, tante quante non ne avevo mai viste in vita mia ed abbiamo osservato ancora il cielo con il telescopio manuale a ad occhio nudo.

Non sono una brava fotografa e non sono riuscita a fare una foto che rendesse l’idea, pubblico questa tratta dal sito dell’ente del turismo di Vicugna (turismovicuna.cl), che publicizza la cittadina come la porta delle stelle, capitale del turismo astronomico.

Con un puntatore laser così potente che sembrava davvero raggiungere le stelle e disegnarne la connessione nel cielo come su una lavagna, ci sono stati indicati i corpi celesti e spiegata la natura delle varie stelle, delle costellazioni, delle galassie. Che emozione vedere distintamente la Cintura di Orione, la Via Lattea,  la Croce del Sud, e persino le Nubi di Magellano, cosa davvero rara e difficilissima. Chissà quante di quelle stelle così lontane magari non esistono più da tanto tempo eppure la loro luce continua ad arrivare a noi… chissà che cosa c’era prima, cosa ci sarà dopo, cosa c’è oltre l’universo o oltre il multiverso formato da più universi!.

Mi sento piccolissima, ma mi sento anche parte di un mistero di una bellezza infinita, e questo cielo è il ricordo più bello che conserverò della Valle dell’Elqui.

 

 

 

 

 

5 thoughts on “Cile – La Serena, Coquimbo, la valle dell’Elqui e la Via delle stelle

  1. Wow, mi ha sempre ispirato il Cile, ma pensavo più che altro alle più note zone di Atacsma, etc. A vedere lectue foto, soprattutto quelle dei cieli e dei paesaggi capisco che anche queste zone più settentrionali meritano di essere esplorate!

  2. Complimenti per l’articolo avvero ben scritto, è un posto che mi piacerebbe davvero tanto vedere . Mi hai fatto davvero sognare! Mi sono segnata diverse cose interessanti per il mio viaggio.

  3. Davvero carine e intriganti queste sue cittadine così vicine eppure così diverse!! Sarei curiosissima di assaggiare il frutto del cactus 😅😅 bei posti e bell’articolo !

  4. Come te lo invidio questo viaggio! Sono anni che sogno di andare in Sud America! Peccato che tu non sia riuscita a vedere i pinguini… ma direi che il resto del viaggio è stato davvero interessante!

  5. Il Cile è bello davvero,con mia moglie siamo già stati parecchie volte perché nostro figlio si è stabilito laggiù. Però ci manca di visitare proprio quella zona. Siamo arrivati solo al deserto di Atacama a sud invece siamo stati in Patagonia, molto bello specialmente alle torri del paine un po’ freddino e specialmente ventoso. Molto bella anche l’isola di Ciloe’. Bellissimi i vigneti a perdita d’occhio nella zona centrale.

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