Dai maya di Palenque agli indios di San Juan Chamula, il Chiapas che affascina e stordisce di colori

Il Chiapas era la parte del viaggio in Messico che aspettavo con più emozione, per l’alone di mistero e avventura che nel mio immaginario la circondava, per  tutto ciò che avevo sentito dire sulla sua bellezza naturale, sulle sue tradizioni indigene intatte, sulla guerriglia zapatista del Subcomandante Marcos. Non mi ha deluso, e ne conservo il ricordo di luoghi affascinanti e stupendi.

vlcsnap-2018-03-06-17h55m24s487L’inizio non vlcsnap-2018-03-06-17h55m48s111è stato dei più incoraggianti. Arrivate da Oaxaca a Tuxla Gutierrez, la capitale amministrativa del Chiapas, ci siamo ritrovate – sia pure di passaggio perchè ci avevano avvertito – in una città moderna, anonima, bruttina, molto caotica e rumorosa e con un clima terribilmente umido.

vlcsnap-2018-03-06-17h58m25s086Ma ci è bastato spostarci poco a nord a Chapa de Corzo per iniziare ad assaporare la grande bellezza del Chiapas. Chiapa de Corzo è un paesino dalle casette colorate, piccolo e popolato da indios come gran parte del Chiapas, da cui partono le motolance che attraversano lo spettacolare Cañon del Sumidero, nulla da invidiare al Grand Canyon, di cui è coevo. E’ un canyon stretto e profondo, con pareti a picco che raggiungono i 1000 metri, tra le quali scorre il fiume Grijalva, mentre tutto intorno si distende il grande parco naturalistico del Sumidero, coperto da alberi di una foresta bassa ma ricca di tante specie di alberi e sottobosco particolare.

vlcsnap-2018-03-06-18h00m19s207Il percorso in motolancia è suggestivo, a naso in su ad ammirare le alte rocce a picco, e curiosità naturali lungo il percorso, come la “Cueva de los colores” , una grotta dalle pareti  qui rosse e qui verdi e gialline, che sembrano uscite da una strana tavolozza ma che sono tutte naturali (il rosso è ferro, il verde è muschio), entro la quale è stata collocata una statuina della madonna di Guadalupe, meta di pellegrinaggi con le motolance ogni 12 dicembre, e dove è anche un’escrescenza rocciosa in cui la fantasia popolare (ma di fantasia ce ne vuole molta) vede un Cristo in croce; un’altra formazione rocciosa invece è chiamata “l’albero di vlcsnap-2018-03-06-18h00m45s745Natale” per la sua forma tipica, tutta coperta di verde muschio perchè nei mesi di maggior portata delle acque vi scorre una cascatella che tiene umida la pietra.  Sulle sponde del fiume avvistiamo  uccelli dalle lunghe zampe e un grosso sonnacchioso coccodrillo, nel parco anche splendide farfalle grandi e multicolori, e fra le cime degli alberi delle “mono aragna”, le scimmie urlatrici. Questi luoghi così belli sono stati teatro di una tragica storia durante la conquista spagnola: gli indios che vivevano qui da sempre, appartenenti ad un’etnia fiera e libera, per non arrendersi alla conquista ormai inevitabile da parte dei soldati di Diego de Mazariegos ed essere ridotti in schiavitù, preferirono il suicidio di massa, e si gettarono nel fiume da punto più alto delle rocce. Così perirono oltre 15.000 persone, uomini, donne e bambini; i sopravvissuti furono solo 2.000.

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vlcsnap-2018-03-06-18h04m58s769Nella vasta area naturalistica protetta, al termine del percorso in motolancia ci siamo inoltrate in un divertente parco avventura, l'”ecoparco cañon del Sumidero”,  dove ho provato per la prima volta l’emozione della “tirolesa” o zip line, quella corda sospesa tra i due lati del canyon a cui si viene appesi con una carrucola e un’imbragatura e si scorre veloci ammirando dall’alto il precipizio del canyon. Ormai ci ho preso gusto e sono diventata una veterana delle zip line (vedi il racconto del mio viaggio in Costarica e di quello in Laos) ma quella era la prima volta e così l’adrenalina era davvero a mille, quindi per rilassarmi ho molto gradito il bagno nella piscina riempita con l’acqua calda che sgorgava dal sottosuolo.

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Con la corriera arriviamo a San Cristobal de las Casas, che non è la capitale amministrativa del Chiapas ma è certamente la città più importante e bella, inserita tra le “città magiche”. Lvlcsnap-2018-03-06-18h10m59s563a città è tutta stradine assolate su cui non riescono a fare ombra le casette di colori sgargianti tutte a un piano, ma qui siamo a 2100 metri e anche se il sole batte l’aria è più fresca, uno strano mix tra umido tropicale e aria di montagna. La maggior parte della popolazione è composta da indios, un po’ chiusi e schivi ad essere ripresi o fotografati, anche se sarebbe bello poter immortalare volti dei bimbi, bancarelle, costumi coloratissimi, il pittoresco mercato con tutte le donne venditrici in costume. Mi perdo anche l’occasione di fotografare un variopinto dolce colibrì intento a bere in volo nella fontanella del mercato, perchè era impossibile scartare la gente dietro.  Si arrabbiamo proprio se si ruba un’immagine, e come non capirli: a questa popolazione è stato rubato molto nella storia, ed in fondo è corretto che vogliano preservare la loro intimità e l’anima profonda delle loro tradizioni dalla curiosità di turisti troppo abituati a possedere tutto. Così non mi resta che vlcsnap-2018-03-06-18h13m32s323sfogarmi sulle chiese e sui monumenti! Ecco il Tempio Messicano, tutto bianco con motivi decorativi vlcsnap-2018-03-06-18h13m56s041rosso mattone,e la Chiesa di Santo Domingo, con l’interno tutto di legno dorato e le statue dei santi coi capelli veri e i vestiti di stoffa, secondo l’uso locale, ed ecco la Cattedrale, dalla bella facciata color ocra. I vlcsnap-2018-03-06-18h16m59s524cinque secoli di sopraffazione della popolazione indigena, tuttora molto povera, hanno portato alla rivolta contro l’indifferenza del governo messicano, e qui è nato il movimento zapatista. Emiliano Zapata era un rivoluzionario che nel 1910 combattè contro il dittatore Porfirio Diaz, ma il movimento zapatista che si ispirava a questa figura nacque invece nel 1983 sotto la guida del Subcomandante Marcos. Ancora oggi Marcos è un mito e un eroe per la popolazione locale, che ne vende ovunque pupazzetti di stoffa a cavallo col volto incappucciato e il mitra; una bimba è riuscita a vendercene tre, raffiguranti con poche sfumature anche i suoi vice.

SanJuanChamula_DarijAndAnaDa San Cristobal de las Casas abbiamo organizzato sul momento un’escursione verso un paese dove la tradizione maya, fusa con gli elementi della cultura diffusa dai colonizzatori e interpretati a modo loro dagli indigeni, ha dato origine ad un sincretismo che ha aspetti sconcertanti: San Juan de Chamula . Di questo paese non ho foto, se non dell’esterno della chiesa, semplice ma bella con quel suo portale di mattonelle di ceramica verde decorata con motivi gialli. I maya tzotzil sono i più forti cultori dell’iconoclastia mediatica; avrei potuto rubare delle immagini di nascosto, ma non mi sembrava giusto. Ci vuole rispetto della diversità, sempre. Ma vi posso raccontare che cosa ho visto, sul piazzale polveroso che ospita un poverissimo ma straordinariamente colorato mercato indios e soprattutto dentro la chiesa. Nel piazzale tappeti variopinti stesi per terra e sormontati da ombrelloni colorati erano il banco di vendita di pollame, tuberi, fagioli, tortiglie di mais ed altri alimenti semplici, presidiati da donne in costume indigeno (gonna ampia nera con decorazioni colorate, camicia bianca e corpetto azzurro) con lunghe trecce nere e volto bruciato dal sole. Ricordo che mi venne offerta una tortilla di mais, cotta su una lastra di pietra, e passata nella calce, sì avete capito bene: in questa alimentazione povera manca il calcio, e questo stratagemma ne aggiunge un po’ al cibo quotidiano. Ma è nella chiesa che assisto ad una scena incredibile. Tutto il pavimento è coperto da aghi di pino che emanano un profumo fortissimo. Lungo  le fiancate della chiesa vi sono statue ad altezza d’uomo, alcune guardano verso l’interno, altre sono come in punizione faccia al muro, altre ancora sono mutilate o rovesciate: il rapporto con i santi qui è molto personale, ci si parla, litiga, si chiedono le grazie e se le cose non vanno come si desidera si punisce così il santo nella sua effige. Tra le statue di santi troneggiano le effigi di Adamo, Eva e del serpente; il più venerato della triade è il serpente: quando gli spagnoli arrivarono qui e cercarono di evangelizzare i maya, trovarono il grande ostacolo della lingua che ergeva una barriera insormontabile tra le due culture; cercarono di comunicare tramite le statue, che potevano rappresentare plasticamente gli episodi della Bibbia e del Vangelo; solo che gli indios interpretarono le figure a modo loro, identificandole nei personaggi dell’affollato pantheon della religione maya, e il serpente fu identificato nella divinità suprema Quetzalcoatl, il serpente piumato, e subito adorato. Nella chiesa non vi sono sedie, i gruppetti stanno sedute in circolo sul pavimento, con lattine di coca-cola e buste di plastica. Le lattine di coca-cola vengono bevute in chiesa in grande quantità per poter fare rutti e scacciare gli spiriti malvagi dal corpo. Le buste di plastica contengono galline che secondo la medicina maya vengono passate dal “curatore” sul corpo del malato per assorbirne i mali e i malefici, quindi sacrificate lì in chiesa.

Nel villaggio di San Juan de Chamula il coloroato cimitero ricorda il rapporto molto stretto tra il mondo dei vivi e quello dei morti e dà un indizio importante della vita di stenti degli indios; le croci bianche sono per i bambini, quelle blu per i giovani e quelle nere per gli anziani: ebbene, le croci nere sono la minoranza.

vlcsnap-2018-03-11-21h40m40s932Abbiamo lasciato alle nostre spalle le suggestioni di San Juan Chamula e ci dirigiamo verso Palenque; la corriera ha attraversato dapprima paesaggi di montagna, poi  è entrata in una zona di foreste. Siamo scese alle vlcsnap-2018-03-11-21h43m37s813Cascate di Agua Azul, uno spettacolo naturale splendido, non solo per la portata d’acqua e lo spumeggiante fragore, ma anche per il contesto in cui sono inserite, tra alti e fitti alberi con le liane ricadenti.  vlcsnap-2018-03-11-21h43m04s319Non sono cascate molto alte ma si estendono longitudinalmente in modo molto suggestivo. Il nome suggerisce che l’acqua, pulitissima, appare azzurra, ma qui per  otto mesi all’anno piove, e anche al momento della nostra visita pioveva, così che da un lato l’acqua era limpida ma non rifletteva un cielo azzurro, e dall’altro noi eravamo già piuttosto bagnate, e non ci ha infastidito avvicinarci fin sotto le cascate e inzupparci degli schizzi di quell’acqua rarefatta in nebbiolina nell’aria dopo il tuffo sulle rocce. A valle della seconda cascata l’acqua forma una pozza che è così bella che è possibile farci il bagno (stando attenti alla corrente che non è banale), e poi disegna un fiume che scende a valle in mezzo alla jungla.

vlcsnap-2018-03-11-21h45m42s780 Tappa successiva le Cascate di Misol -Ha,  (chiamarle così significa dire Cascate Cascate, perchè Misol-Ha in lingua indigena significa semplicemente cascate) , stesso contesto naturale splendido, ma lunghe e strette. l’acqua che sbatte contro le rocce crea un vuoto d’aria tra roccia e cascata e noi ci siamo spinte in questa intercapedine ad ammirare il muro d’acqua davanti a noi e poi io ancora dietro, con una torcia e i piedi a mollo nella grotta in cui si insinua in rivoli l’acqua.

vlcsnap-2018-03-11-21h47m57s370Mentre i vestiti si asciugano (e in questo caldo umido non ci vuole tanto) la corriera entra sempre più in mezzo alla jungla e poi ci lascia vicino alla nostra meta, il mitico sito archeologico di Palenque.

vlcsnap-2018-03-11-22h11m41s375Palenque, patrimonio dell’Umanità UNESCO, è un luogo straordinario, a distanza di anni lo ricordo con grande emozione, come un posto magico, misterioso, dove natura e storia si fondono in una sorprendente alchimia che lascia letteralmente a bocca spalancata. Io che ho girato il mondo, non ho remore a dire che questo è uno di quei luoghi che rimangono nel cuore per sempre.

vlcsnap-2018-03-11-22h10m47s349Immaginate di camminare in mezzo alla jungla, tra alti alberi tra le cui cime volteggiano le scimmie urlatrici lanciando grida stridule, e di intravedere improvvisamente dove il verde lascia filtrare i raggi del sole le maestose rovine di questo solenne complesso che conserva alcune tra le più belle opere architettoniche della civilità Maya. La jungla abbraccia Palenque, vi si insinua, ne fa parte integrante; solo il 10% di questo complesso, decaduto e abbandonato nel IX secolo d.C. e riscoperto solo a fine 1700, è stato riportato alla luce, mentre i suoi misteri restano ancora sepolti e preservati dalla prorompente natura, tra queste foreste di montagna. E pensare che qui sono stati trovati molti pesci fossili, segno che quest’area faceva un tempo parte delle profondità del mare.

vlcsnap-2018-03-11-21h47m06s003calaveraIl primo misterioso edificio che incontriamo, alla sommità di una lunga scalinata, già la dice lunga dal nome: il Templo de la Calavera, il tempio del teschio, dal grande inquietante teschio scolpito su uno dei suoi pilastri.

L’edificio forse più famoso di Palenque è il Tempio delle Iscrizioni, in cui si trovano 620 geroglifici maya e lastra-pacal-palenquesoprattutto la Tomba di Pakal, il signore di questa temutissima stirpe che regnò per ben 67 anni  nel periodo di massimo splendore di questo luogo, durante il VII sec. d.C. E’ un impressionante sarcofago con la pietra tombale tutta lavorata, che conteneva i resti del sovrano con la famosa maschera di giada verde. Ma la pietra tombale di Pakal è conosciuta in tutto il mondo come “l’ astronauta di Palenque”, un bassorilievo che raffigura un uomo che sembra seduto su un sedile con un joystick in mano, un razzo sotto di sè, e un casco con un tubo per la respirazione. Si sono scritti fiumi di inchiostro su questo bassorilievo, ipotizzando contatti tra maya e alieni,  che comunque anche secondo i sostenitori di questa teoria ( tra cui Peter Kolosimo  di cui ho letto l’avvincentissimo libro che parla anche di tanti altri misteri sparsi per il mondo) si perderebbero negli albori della civiltà e non risalirebbero certo al VII secolo come la lapide. La realtà è che, avendo visto in questo viaggio tante lapidi tombali maya, quella dell’astronauta di Palenque mi è sembrata piuttosto simile alle altre, anche se ricca di dettagli. Tutto ciò che viene scambiato per  pezzo di astronave o accessorio da astronauta ha invece un senso spiegabile; Pakal è raffigurato nel momento della morte, mentre precipita dall’albero della vita  al mondo degli inferi, affiancato di simboli che lo possono accompagnare nell’ aldilà: c’è l’uccello piumato quetzal che ho potuto ammirare solo in Costarica, la croce che simboleggia la pianta del mais, il “mostro della terra” che era un guardiano degli inferi, mentre il “tubo” è un serpente, motivo ornamentale stilizzato ricorrente quasi ovunque. Quando l’ho visitata io, la tomba vera di Pakal era già chiusa al pubblico da alcuni anni, perchè l’afflusso massiccio di gente stava rovinando il microclima dell’ambiente, ma una riproduzione fedele era visibile nel museo, mentre oggi addirittura è possibile vivere un’avventura virtuale in 3d grazie al sito http://www.inah.gob.mx.

vlcsnap-2018-03-11-21h48m31s090Il Palazzo, dove probabilmente viveva Pakal, era una vera e propria reggia, con ampi saloni, numerose stanze, bagni, corridoi, basamenti a scala, patii che davano luce al complesso, e a fianco sorgeva la torre, che fungeva da osservatorio astronomico.vlcsnap-2018-03-11-21h48m54s470vlcsnap-2018-03-11-21h49m19s688 I bassorilievi del palazzo sono molto belli ed inquietanti, alcuni raffigurano divinità e spiriti del mondo maya, altri  sacrifici umani, uno anche un auto-sacrificio: i maya si perforavano la lingua con un grosso spillone per farne uscire il sangue da offrire agli dei.

vlcsnap-2018-03-11-21h49m42s704Inoltrandosi nel sito, si possono visitare altri templi e vestigia di abitazioni avvolte ancora dalla foresta.

Il “gruppo delle croci” raccoglie, su tre  ripide piramidi a gradoni, il tempio del sole, il tempio della croce foliata e il tempio della croce, eretti in onore del successore di Pakal. Nel tevlcsnap-2018-03-11-22h10m00s873mpio del sole si trova la famosa “tavola del sole” mentre a guardia del tempio della croce sono due bassorilievi rappresentanti una divinità infernale e il serpente-giaguaro.

Più in là si intravedono altre rovine, tra cui ancora non ci si può addentrare, ma ci dicono che sono state trovate molte tombe intatte in quella zona, con ancora tutto il corredo funerario.  Magari fra qualche anno verranno fatte nuove avvincenti scoperte, e sarà l’occasione per tornare in questo posto che mi è rimasto così nel cuore.

vlcsnap-2018-03-11-22h12m25s548Le emozioni del Chapas sembravano non voler finire mai. La meta successiva è stata Bonampak, altro eccezionale sito archeologico Maya un po’ fuori dalle tradizionali rotte turistiche. Ci si accede solo via Bonampak tempiofiume, quasi al confine con il Guatemala, ed una volta lasciata la lancia occorre letteralmente arrampicarsi su tra la vegetazione prima di giungere all’ingresso del sito. Bonampak non è così spettacolare come altri siti maya dal punto di vista dell’architettura, ma ha un aspetto che lo rende unico: all’interno di uno dei suoi templi sono state rinvenute le uniche pitture maya, in vivissimi colori ed eccezionale stato di conservazione. La scoperta è avvenuta solo nel 1946, quando dei turisti tedeschi vi furono accompagnati da alcuni discendenti dei maya che ancora si recavano ai templi a scopo rituale. In questa zona vivono infatti gli ultimi Maya lacandoni, una tribù che non ebbe mai contatti con gli spagnoli e resiste preservata sino ad oggi, sia pure con pochissimi individui.

bonampakRicordo quelle che raffigurano scene  di battaglia, il re e i dignitari a cui vengono presentati i nemici catturati, un banchetto, un autosacrificio con perforazione della lingua, una decapitazione dei nemici sulla cima della piramide.I dipinti sono di bellezza tale da aver fatto soprannominare il tempio di Bonampak come “la cappella Sistina d’America”.

 Insomma, il viaggio in Chiapas è stato un’esperienza straordinaria, ho visto popolazioni indigene legate alla loro cultura tradizionale quasi fuori dal tempo, città vivaci e colorate, scenari naturali da favola, foresta lussureggiante e siti archeologici imponenti e misteriosi: senza dubbio la parte più autentica  e affascinante del Messico.

2 thoughts on “Dai maya di Palenque agli indios di San Juan Chamula, il Chiapas che affascina e stordisce di colori

  1. Io ho adorato quel pezzo di Messico: in Chiapas ho vissuto uno dei viaggi più intensi della mia vita. Sono rimasta per una settimana intera a stretto contatto con i Maya del Caracol di Oventic ed è stato magnifico.

  2. Sono stata in Messico ma non in questa zona. Avessi avuto tempo sufficiente l’avrei visitato tutto! Io sono stata sulla Riviera Maya… un viaggio indimenticabile, così come i posti visitati!

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