Se il Vietnam del nord è bellezza della natura, il centro è grande storia ed arte. Ecco la seconda parte del viaggio tra le lanterne colorate di Hoi An, la lacca e l’oro della città imperiale di Hue, le danze tra le rovine maestose di My Son, il Buddha gigante della Montagna di Marmo, la via mandarina sul Colle dellee Nuvole, la pesca tra le palafitte nella laguna di Mau Chon. Mille colori per mille emozioni,
Giorno 7- Hoy An – My Son – Hoy An
Sarà per la splendida giornata di sole, sarà per il clima rilassato della passeggiata, questo e’ il luogo più piacevole che abbiamo visitato sino ad ora. La città antica e’ una delle poche risparmiate dai bombardamenti americani, ed è costituita di bellissime casette di legno e pietra a due piani, tutte decorate,intagliate e colorate, risalenti al 1500-1600, in uno stile ibrido di architettura vietnamita, giapponese e cinese, che si affacciano su strade pedonali su cui pendono migliaia di lanterne di carta colorate che di notte illuminano ogni casa, con mercati pieni di frutta esotica dai mille colori, negozi che vendono di tutto ma principalmente seta, lanterne, intagli di legno, vasi di lacca, botteghe artigiane dove si possono vedere le lavorazioni dei vari materiali. In un laboratorio della seta abbiamo visto i piccoli bachi crescere in poche settimane, chiuderai in un bozzolo color giallo zafferano da cui le operaie, dopo l’immersione in acqua bollente (a mani nude) traggono il prezioso filo che torcono e tessono; la loro maestria è tale che riescono a trarre da fotografie dei quadri ricamati con filo di seta con una definizione così attenta che è’ difficile distinguerai dalla foto originale (naturalmente il prezzo e’ alto,300-400 dollari per un quadretto piccolo). In ogni casa – negozio che visitiamo ci offrono il te’ , di cui Giulia va matta perché è’ servito in bicchieri piccoli piccoli. La città e’ così vivace perché ha una ricca tradizione commerciale internazionale sin dal Medioevo, quando vi affluivano giapponesi e cinesi per i loro scambi e le lanterne illuminavano le strade per il commercio e la vita notturna. Il fiume ogni anno in novembre straripa e il primo piano delle case si allaga completamente per una settimana, cosi esiste nei soffitti una larga botola da cui vengono tirati su i mobili per proteggerli. Nel pomeriggio siamo partiti con il nostro pulmino alla volta di My Son, “la montagna bella”, un sito archeologico meritatamente patrimonio UNESCO. Lungo la strada, che dura circa un’ora di viaggio, si susseguivano bei paesaggi di quel verde chiaro dato dai germogli di riso in crescita sul riflesso del sottile strato d’acqua.
Il sito di My Son e’ molto particolare, perché è’ una vallata tra le montagne contenente un antico tempio induista del IV secolo, e 17 torri votive costruite dai re che si sono susseguiti dal IV al XIII secolo, tutte in mattoni a secco senza calce, con all’interno una sorta di vasca votiva dove acqua o latte erano fatte scivolare su una pietra centrale a forma fallica e scolavano nel recipiente incanalandosi verso terra, simbolo del,Unione tra maschile e femminile. La comunità induista che abitava in vietnam si è’ estinta nel XIII secolo e il sito abbandonato e’ stato ricoperto da vegetazione e riportato alla luce solo nel 1800, e dopo aver vissuto un sonno così quieto nella bellezza della valle e’ stato completamente devastato dalle bombe americane durante la guerra del Vietnam. Le torri più alte e belle, di cui rimangono le foto, sono cumuli di macerie, il tempio e’ sventrato, la valle e’ cosparsa dei crateri lasciati dalle bombe. Molte torri sono state ricostruite dai tedeschi, con l’esperienza usata per ricostruire le loro cattedrali dopo un simile incontro ravvicinato con gli americani, numerando i mattoncini uno per uno e ricostruendoli esattamente sulle fotografie; però’ non hanno saputo più usare la tecnica a secco, e hanno inserito cemento tra un mattone e l’altro che stingendo di scuro con la pioggia fa sembare più antiche le parti ricostruite e più nuove le parti originali. La barbarie americana in Vietnam e’ stata veramente assurda, contro un popolo mite e garbato di contadini che non prova nemmeno odio per chi li ha bombardati e devastati con le armi chimiche che hanno prodotto danni anche di seconda generazione in tante persone che si vedono con disturbi neurologici gravi nei movimenti; non contenti di ciò gli americani si sono scagliati anche contro inestimabili reperti archeologici che sono patrimonio di tutta l’umanità; con quale ipocrisia si indignano dello speculare comportamento dell’Isis!
A sera siamo tornati ad Hoian, dove ci siamo concessi un ottimo massaggio rilassante con gli oli profumati, e poi siamo tornati alla città vecchia che di sera offre veramente uno spettacolo strabiliante, con migliaia di lanterne colorate accese sulle strade, sulle case, sugli alberi, vendute nei negozi, e altrettante lanterne d’acqua deposte come buon augurio sul letto del fiume e trasportate lentamente fino a quando la candela non si spegne; nell’aria profumo di incenso, gente che passeggia, ristoranti, bancarelle e tanta vita, poi intorno alle 11 tutto si spegne, anche l’illuminazione stradale, e la città viene avvolta dalla notte per un meritato riposo: qui lavoro inizia molto presto la mattina.
Giorno 8- Da Nang – Montagne di marmo – Colle delle Nuvole e strada mandarina – laguna di Dam Chuon
Questa mattina siamo partiti col pulmino per visitare le montagne di marmo, un complesso di cinque alti panettoni coperti di fitta vegetazione che spuntano a picco dalla pianura, e da cui si ricava il marmo bianco con cui tanti scultori producono statue principalmente di Buddha e draghi, così che ci sono tantissimi negozi di oggetti di marmo un po’ come a Volterra . Ognuna delle 5 montagne e’ dedicata ad un elemento naturale, e noi siamo saliti sulla più bella, “la montagna d’acqua” , attraverso un ascensore panoramico di vetro; sulla montagna c’è’ una grotta con un colosso di marmo bianco di un Buddha donna, una torre, un tempio molto bello tutto decorato con pezzi di ceramiche colorate che ricordano il modernismo catalano di Gaudi’, ma i soggetti sono draghi e figure fantastiche che si avviluppano sulle colonne; nella fiancata della montagna lungo la discesa si incontrano altre sculture, tra cui un suggestivo serpente dalle tante teste scolpito nella roccia. Abbiamo ripreso il viaggio e siamo passati per Da Nang, città moderna in rapida evoluzione, senza particolari attrazioni artistiche, che attira molti coreani, malesi e cinesi nei suoi casino e hotel di lusso sulle spiagge che danno sull’oceano, ora troppo freddo per qualsiasi attività. C’è un sito militare che espone mezzi da combattimento lasciati dagli americani in fuga o conquistati e riusati poi dai vietnamiti contro gli stessi americani e poi contro icinesi, un elicottero , una cicogna (aereo da ricognizione) e un bombardiere armato di razzi e bombe. Abbiamo proseguito il viaggio attraversando le montagne che costituivano il confine tra Vietnam del nord e del sud, per una via che si innalza su tra le vette con un panorama splendido sull’oceano sottostante, la strada mandarina sul “colle delle nuvole” , ormai solo dal valore paesaggistico perché superata da un moderno tunnel; peccato che oggi le nuvole abbiano deciso di visitare l’omonima strada, e tra nebbia e pioggia non si vede un gran che. Scesi dall’altro lato delle montagne abbiamo passato una laguna con delle spiagge di sabbia gialla gialla e le acque su cui sono tese grandissime reti per la pesca e infisse canne di bambù usate per la coltivazione delle ostriche da perla. Il viaggio dura tre ore fino alla laguna di Dam Chuon, un posto poco visitato dai turisti e ancora intonso nella sua semplicita’. attraverso una stradina dissestata che corre tra due distese d’acqua si arriva alla laguna, un amplissimo e piatto specchio d’acqua diviso in tanti campicelli , come se fosse una valle coltivata a riso, da canne di bambu infisse al suolo con reti da pesca di recinzione. il mare e anche la laguna infatti sono beni statali e vengono dati in affitto i vari piccoli appezzamenti ai pescatori, che vi piantano qua e la’ fitte canne per dare riparo ai pesci e costruiscono minuscole palafitte di bambu in cui vivono e pescano tutto il giorno un po’ nel loro “orticello” un po’ piu in lá nel mare. Siamo saliti come i pescatori sui piccoli sampan (barchette di bambu strette e molto traballanti) per partecipare a raccogliere veleni, granchi e gamberetti nell’acqua salmastra, gettando lunghe e strette reti tra le canne per fare impigliare le prede. in circa un’ora abbiamo preso diversi gamberi, un granchietto e tre pescetti, di cui il piu bello e’ scappato per colpa mia, perche’ gettato dalla rete sul fondo della barca l’ho raccolto e lui mi e’ sgusciato di mano e con un gran salto e’ tornato in acqua, lasciando giulia un po’ delusa (“oh no, pesce grande grande più piú”). In compenso abbiamo fatto il miglior pranzo del viaggio in una specie di poverissimo ristorante all’aperto costruito su palafitte di bambù in mezzo alla laguna, dove abbiamo gustato pesce e crostacei freschissimi. Poi abbiamo proseguito la nostra strada e abbiamo visitato un tempio buddista non particolarmente bello ma molto armonioso nella natura che lo circonda, nel cui giardino ci sono le tombe degli eunuchi e delle concubine imperiali. Infine siamo andati a visitare l’imponente complesso funerario del penultimo imperatore, progettato da lui stesso, che diede anche ordine di uccidere i due seppellitori perché nessuno sapesse il punto esatto della sepoltura; nel grande parco tra alberi e laghetti sono disposti padiglioni per lo svago e per le incombenze ufficiali, pronti per la seconda vita dell’imperatore. A sera siamo arrivati al nostro bel resort alle porte di Hue, la città imperiale che visiteremo domani. Per stasera ci godiamo un po’ di relax tra il nostro bungalow di lusso e la spa.
Giorno 9 – Hue
Giornata dedicata alla visita della città imperiale di Hue, che è stata per me una straordinaria sorpresa. Il giro delle mura massicce e perfettametne conservate della cittadella mi fa capire quanto sia estesa, ma la era meraviglia è la città imperiale racchiusa dentro la seconda cinta muraria, interna all’interno; nella città imperaiale erano tutti gli edifici destinati alla corte dell’imperatore, ai mandarini, agli alti ufficiali, all’imperatrice madre. All’ interno della città imperiale c’è poi la Città proibita, riservata al solo imperatore e alla sua stretta famiglia. I 15 edifici che si sono salvati dai bombardamenti americani sui 150 che erano presenti nella città imperiale (bombardare una simile arte è un orrendo crimine contro l’umanità!) sono bellissimi. In particolare degna di nota è la spettacolare sala del trono, in un particorarissimo stile ibrido tra Versailles e Pechino, con tantissime colonne laccate di rosso, gli architravi d’oro sui cui sono scritte tante antiche poesie, gli intarsi di porcellana dai mille colori. La ricostruzione digitale gatta con grande precisione dalla Samsung dalle foto d’epoca mostra che meraviglia doveva essere il complesso che ancora adesso è veramente affascinante.Consiglio di girare il complesso, come ho fatto io, su simpatici coloratissimi calessi trainati da cavallini che si noleggiano per un’ora, si fermano davanti ai vari edifici e aspettano il termine della visita per proseguire verso la seguente tappa richiesta. Dopo una mattinata dedicata alla visita, abbiamo ancora il tempo di passeggiare lungo le rive delFiume dei Profumi che attraversa la città, per vedere le caratteristiche imbarcazioni larghe e piatte, tutte colorate con le teste di drago sui lati.
E’ con dispiacere che nel tardo pomeriggio prendo volo per Ho Chi Minh, per l’ultima parte del viaggio nel sud.
Se il nord del Vietnam era soprattutto bella natura e suggestivi villaggi, il centro è cultura e antica storia e questa varietà rafforza in me il grande fascino di questo Paese.
Qui il racconto dei giorni trascorsi nel VIETNAM DEL NORD