L’Oman ha un rapporto particolare con l’acqua, perchè è contemporaneamente il Paese dei deserti e dei mari corallini, degli aridi canyon rocciosi e dei wadi in cui scorrono fresche acque all’ombra delle palme.
Bimah Sinkhole
Dopo aver volato da Salalah a Muscat, inizio con la jeep il mio itinerario attraverso l’Oman; mi dirigo a est verso la cittadina di Sur, e lungo la strada il primo approccio con la tanta acqua dell’ Oman è Hawiyyat Najm, conosciuto come il Bimah Sinkhole, una cavità naturale larga 40 metri e profonda 20, contenente una bella pozza di acqua dalle tonalità tra il turchese e il verde smeraldo, che i geologi ritengono essersi formata quando il tetto di una grotta sotterranea calcarea è sprofondato. A favore di questa tesi sta anche il fatto che c’è un collegamento sotterraneo tra il mare e questa pozza.
I locali però attribuiscono l’origine di questo cratere alla caduta dal cielo di un pezzo di luna, e cioè ad un meteorite, come i tanti che sono caduti sul deserto dell’Oman, e chiamano la cavità “Baital Afreet”; altri ancora con grande fantasia parlano di un demone precipitato e chiamano questo luogo “Casa del Demone”.
Si può scendere con una scalinata fino a sotto, e persino fare il bagno, o stendersi sulla piccola spiaggia ai margini della pozza, un po’ come in un cenote messicano.
Wadi Shab
A pochissimi km dal Bimah Sink Hole si trova Wadi Shab. Si lascia la macchina ad un grande parcheggio (senza bisogno di percorrere terreni accidentati) e un traghettatore con una barchetta fa la spola tra una sponda e l’altra del fiume che scorre nel wadi. Giunti al di là, un asinello aspetta paziente, se qualcuno mai non avesse voglia di camminare. Ci si incammina per kilometri e kilometri in questa verde gola, costeggiando il corso dell’acqua, tra palme, alberi da frutto, canne di fiume. Qualcuno ha anche sistemato una tirolesa dove divertirsi a sfrecciare in pendenza lungo il corso del fiume.
Ad un certo punto per continuare tocca entrare con i piedi a mollo nel fiume, e a seconda del volume delle piogge nei giorni precedenti, si procede con l’acqua sino al ginocchio o alle caviglie oppure a nuoto. L’acqua è un misto di dolce e salato. Non ci sono posti per lasciare le proprie cose custodite quando ci si immerge, ma il livello di onestà in Oman è pazzesco, sicuramente lasciandole a bordo del fiume le ritroverete intatte.
Alla fine del percorso, che dura almeno mezz’ora a nuoto, per i più avventurosi è possibile insinuarsi in uno stretto passaggio nella roccia (keyhole) che porta ad una grotta con una cascata e una pozza sottostante dove fare il bagno, un’esperienza elettrizzante ma sconsigliata a chi soffre di claustrofobia.
Wadi Tiwi
Riprendendo l’auto, abbastanza vicino a Wadi Shab arriviamo ad un altro wadi ancora più affascinante, Wadi Tiwi, con le altissime rocce tra le quali scorre un fiume circondato da lussureggianti piantagioni di datteri e banane, irrigate con il sistema tradizionale degli aflaj. E’ importante qui avere la jeep qui perchè la strada che costeggia il fiume è tutta sassi e curve e certo non adatta ad un’auto normale.
La vita nei dintorni del wadi è dolce, la natura dona i suoi frutti in abbondanza, lo scenario è spettacolare, e quindi lungo il wadi si incontrano molti villaggi tradizionali, ma anche moderne ville. la popolazione è molto ospitale, non è raro incontrare persone che vi inviteranno ad andare a casa per bere il tè o addirittura ad unirsi alla lloro famiglia per pranzare.
Anche qui si incontrano asinelli e caprette, nessun bar e quindi meglio portarsi un po’ d’acqua nel percorso. Volendo si può fare anche il bagno, ma il livello dell’acqua è più basso rispetto al sentiero, quindi esiste un sistema di carrucole per scendere e salire, però dovendo scegliere, un wadi dove divertirsi a nuotare non vi consiglierei Wadi Tiwi, seppure bello, le pozze restano in ombra e fa freddino, mentre Wadi Bani Khalid è davvero un paradiso per il bagno.
Da Wadi Tiwi si raggiunge a una mezz’oretta, affacciata sul mare, la cittadina di Sur, che è poco turistica, in poco tempo potrete vedere i suoi principali punti di attrazione, la porta d’ingresso a cavallo dell aastrada, una moschea, una serie di torri difensive, una cornische, cioè un lungomare con edifici carini, un souq curiosamente diviso in una parte maschile ed una femminile, un piccolo castello.
Appena fuori dalla città è interessante fermarsi a visitare lungo la spiaggia una fabbrica dei tradizionali Dhow, le barche di legno che prendono vita pezzo per pezzo dalle mani degli esperti maestri d’ascia; il cantiere navale si visita in autonomia e si possono anche comprare modellini di dhow e altri piccoli oggetti artigianali in legno, mentre ai visitatori vien offerto a volontà the e deliziosi datteri.
Wadi Bani Khalid
Whadi Bani Khalid, che si trova a circa 120 km da Sur, è il mio preferito, forse perchè avendo più tempo a disposizione me lo sono potuto godere in pieno, approfittando anche del fatto che è attrezzato con un bar dove fare picnic, con annessi servizi.
E’ meno avventuroso da percorrere del Wadi Shab ed adatto anche a famiglie, ma ugualmente bellissimo.
Essendo una delle mete turistiche più note dell’Oman, ci sono sempre tanti turisti, locali e stranieri. Una prima pozza, sia pure molto scenografica, è molto affollata e non limpidissima, non a causa di inquinamento bensì di abbondante vegetazione sul fondo, tra cui nuotano anche girini e i famosi pesciolini mangia-pellicine che rendono un ottimo servizio di pedicure se non ci si fa impressionare.
Arrampicandosi facilmente tra le rocce e seguendo un sentiero si arriva ad una seconda pozza, quindi ad una terza piscina che è quella che vi consiglio, che segue la conformazione del canyon tra rocce lisce scavate in una bianca gola, e rimane molto più appartata e affascinante.
Lasciandosi trascinare dall’acqua limpida e azzurra, si scorre tra le pareti di roccia fino ad arrivare ad una cascatella. Da lì volendo si può proseguire a piedi fino al termine del wadi. Vi consiglio le scarpette da scoglio per non scivolare e non farvi male con la roccia viva.
Dei cartelli indicano la necessità di fare il bagno con una maglietta a maniche lunghe per uomini e donne. Io ho acquistato già dall’Italia un burkini con cui mi sono trovata benissimo, nel rispetto della tradizione locale, anche se ho potuto notare che tanti turisti stranieri facevano il bagno in bikini con assai poco rispeteto delle tradizioni locali. Tra l’altro il burkini protegge dai raggi solari che qui picchiano e riscalda nelle acque freddine di alcuni wadi.
Wahiba Sands, il deserto omanita di Alì Baba
Wadi Bani Khalib è praticamente una grande oasi nel deserto, alle porte di quella immensa distesa di sabbia che è il Wahiba Sands.
Wahiba Sands è un deserto sabbioso dalle alte dune, apparentemente simile al Deserto del Quarto Vuoto che si trova vicino a Salhala, eppure raccogliendo la sabbia dei deserti in due bottigliette con l’intenzione di riempire una boccetta da pesci rossi e metterci dentro una piantina grassa e uno di quei graziosi cammellini dorati e smaltati che vendono qui, ho potuto notare la differenza, perchè il Quarto Vuoto è di sabbia molto più sottile e chiara, ed ecco perchè le sue dune sono più difficili da scalare perchè il piede affonda maggiormente. Wahiba Sands è fatto invece da sabbia rossastra e a grani più grossi.
La jeep, con le ruote sgonfiate per fare maggior presa, si inerpica tra le dune seguendo i sentieri approssimativamente tracciati; fa impressione vedere che in un vuoto come questo si incontrino moltissimi rifiuti, bottiglie, lattine e altre schifezze che deturpano il paesaggio almeno fino a quando non ci si addentra in punti meno di passaggio.
Ben dentro il deserto, al riparo dal vento tra due ali di altissime dune, si trova il campo tendato dove ho alloggiato, il “Thousand Nights camp”, che prende il nome dalla favola di Alì Babà tratta dalle Mille e una Notte, il cui film fu girato proprio tra le dune che circondano il campo. Si tratta di un campo di lusso dove si alloggia in confortevoli tende fisse, che in realtà sono bungalow perfettamente arredati che simulano una tenda. Nel campo ci sono dromedari, caprette e onex (delle capre con particolari lunghissime corna), e c’è pure uno scheletro di balena trovato nel deserto, che un tenpo era sul fondo del mare.
Si può fare dune bushing con il quad o con la jeep, o cercare di risalire le dune a piedi nudi (faticosissimo!) per poi divertirsi a scendere giù correndo a perdifiato, affondando nella sofficissima sabbia.
Ci si può sedere, sentendosi il re del mondo, sulla duna più alta, osservando la bellezza del vuoto mutevole ed eterno e aspettando il momento magico del tramonto, che rende il cielo rosso come la sabbia finchè il sole non scompare al di là delle dune.
Si può giocare a sentirsi carovanieri di altri tempi esplorando il deserto in sella ad un dromedario, si può accendere un falò e restare a parlare mentre scende la notte, sorseggiando tè e assaporando qualche prelibatezza locale.
Gran parte delle attività nel deserto si possono realizzare anche con escursioni giornaliere partendo dai dintorni, ma l’esperienza più bella la regala solo la notte: l’osservazione del cielo stellato. Pianificando delle notti nel deserto bisognerebbe avere cura di scegliere quelle senza luna, perchè l’assenza completa di fonti di inquinamento luminoso permette di vedere migliaia di corpi celesti brillare, e con un buon telescopio (e nel nostro caso un bravo astronomo persiano) si possono osservare i dettagli della superficie di Giove, Marte, Luna e tantissime costellazioni.
Wadi Ghul e la Montagna del Sole
Ed eccoci arrivati all’ultimo wadi della carrellata, Wadi Ghul. Si trova non in prossimità del deserto ma nel territorio di Nizwa. E’ diverso dagli altri wadi perchè è una stretta valle incastonata tra montagne altissime, tanto da essere soprannominato il Grand Canyon le cui pareti sono a picco per circa 1000 metri di altezza. Qui il contrasto tra la roccia aspra delle montagne più alte del Paese e la varde verde di palme è particolarmente intenso.
Salendo dal Wadi Ghul alle montagne che lo circondano e spingendosi ancora più in alto per la strada di montagna, tra paesaggi mozzafiato si arriva alla cima più alta, la Montagna del Sole (Jabel Shams), 3009 metri.
In realtà non si arriva proprio sulla cima, che è territorio militare, ma quasi. Il punto più alto raggiungibile è segnato da una bandiera e da un piazzale con una quanto mai opportuna lunga ringhiera di ferro per affacciarsi sul dirupo e rendersi conto dell’altezza, che non fa però paura alle caprette che brucano con tranquillità tra le rocce.
Sul piazzale ci sono una serie di bancarelle dove della donne vendono oggettini artigianali, specialmente piccole borsette e modesti lavoretti in lana, come braccialetti colorati o portachiavi con ciacciolo.
L’aria è pura e fresca, la visuale ampissima, penso che questo sia un luogo molto bello. Volendo ammirare il Grand Canyon oltre i punti panoramici che offre la Montagna del Sole c’è un percorso di trekking che porta giù fino a Wadi Ghul.
I luoghi belli sono sempre stati abitati nell’antichità, ed in effetti quasi alla base della salita della Montagna del Sole c’è un luogo antichissimo, le tombe ad alveare di Al Ayn, che risalcgono al 3000 a.C., e assomigliano straordinariamente a nuraghi.
La visita di questa necropoli è ancora più affascinante perchè è un luogo silenzioso e solitario, e forse proprio il suo isolamento ha permesso la sua conservazione nei millenni. Oggi è ancora senza sorveglianza ma è sotto la protezione Unesco che speriamo possa salvaguardarla anche dalla tentazione dei locali di usare i materiali a portata di mano per costruzioni rurali.
Birkat Al Mauz e la Montagna Verde
Dalla Montagna del Sole alla Montagna Verde, Jebel Akhdar, tra il territorio di Nizwa e quello di Sur. Qui l’ultimo luogo legato all’acqua, è Birkat al Mauz, i cui antichissimi sistemi di irrigazione sono uno dei 5 afalaji (afalaj è il plurale di falaj) diventati patrimonio Unesco, in particolare qui si trova il Falaj Al Kathmeen, che si dipana tra verdissime piantagioni di palme da dattero esetese a perdita d’occhio.
Gli afalaj sono canali in pietra che trasportano l’acqua dei fiumi che percorreono i wadi, convogliandola verso le piantagioni di palme e le altre coltivazioni e permettendo un’equa divisione degli orari di irrigazione con un sistema di chiuse. Gli afalaj non portano solo acqua ai campi, provvedono anche alle docce pubbliche, ai punti di prelievo dell’acqua potabile. Sono stati inventati 1500 anni fa ma mantengono intatta la loro funzione.
Il sistema è retto da usi e regole che rendono possibile lo sfruttamento a favore di tutta la comunità di questo pittoresco villaggio che sembra fuori dal tempo, un agglomerato di case di fango e pietra che appaiono affastellate senza un ordine, e che ormai sono in rovina, e le nuove case che sorgono a fianco non hanno lo stesso fascino.