La riva ovest del Nilo all’altezza di Luxor sull’altra sponda è dedicata ai grandi complessi funerari. Qui muore il sole, inghiottito dalla dea Nut, che ogni mattina lo restituisce al mondo a oriente, e allo stesso modo i morti qui attendono di ascendere al cielo sulla barca del sole.
Durante la crociera in Alto Egitto, sulla riva ovest ho visitato tre luoghi affascinanti: il tempio funerario della regina Hatshepsut, la Valle dei Re con le tombe dei faraoni, ed i Colossi di Memnone. Tutta l’area è però un enorme museo a cielo aperto che comprende anche la Valle delle Regine dove riposano le principesse reali e le spose dei faraoni, e diverse necropoli con le tombe di sacerdoti ed alti funzionari.
Il Tempio della regina Hatshepsut
Hatshepsut fu un personaggio singolare nella storia egizia: figlia di Thutmose I, sposa e sorella di Thutmose II, Hatshepsut fu una donna Faraone e regnò 22 anni sull’Egitto, come reggente in nome di Thutmose III, figlio del defunto fratello e sposo. Nel secondo anno della sua reggenza dichiarò di voler essere rappresentata con gli attributi tipici della sovranità maschile, il gonnellino a punta e la barba posticcia.
Anche se non mancarono le campagne militari, gli anni del suo regno furono anni di pace e prosperità, fino a quando alla sua morte ascese al trono Thutmose III, che forse cercò di cancellarne la memoria scalpellando le sue immagini dalle statue e dai templi, ma vi sono ipotesi che riconducono ad un periodo sucessivo la damnatio memoriae.
Tuttavia il tempio di Hatshepsut, costruito dall’architetto e forse amante di Hatshepsut, Senenmet, riscoperto e restaurato agli antichi splendori, si erge maetoso su tre livelli e presenta bellissimi dipinti con i colori originali, rendendo giustizia alla memoria di questa importante donna.
Purtroppo il tempio è balzato tristemente alla cronaca nel 1997 quando fu teatro di una terribile strage islamista, con 62 turisti intrappolati nel tempio e massacrati dai terroristi. La guida non ci ha raccontato il fatto, che abbiamo scoperto solo dopo, ma è comprensibile il desiderio di allontanare dall’immaginario dei turisti questi tristi ricordi.
Di fronte al tempio, Hatshepsut aveva fatto piantare il giardino del dio Amon, con moltissime piante diverse, un paradiso verde irrigato dalle acque. Ancora oggi si può vedere la radice secca di una pianta di hennè che adornava il giardino, al centro del quale si stendeva un viale di sfingi, di cui oggi sono rimaste solo due statue, con il volto chiaramente femminile.
Il primo piano non contiene rilievi particolari, il secondo, a cui si accede con una scenografica rampa, è il più importante. Vi sorge la cappella di Anubi, il dio della mummificazione; poi c’è la cappella della dea Hathor, a volte rappresentata come mucca che lecca la mano della regina per trasferirle gli attirbuti divini; era la dea che accoglieva i morti nella vita ultraterrena, e anche dea della gioia e della musica.
C’è la Casa della divina nascita, costruita per celebrare la pretesa nascita di Hatshepsut dal dio Amon: infatti il regno in Egitto era destinato solo ai maschi discendenti da una famiglia reale, e dunque lei, per legittimare la propria ascesa al trono, con la complicità dei sacerdoti proclamò che sua madre era rimasta incinta del dio Amon-Ra.
Si vedono quindi i dipinti che illustrano il concepimento (il dio sfiora la mano della madre, la regina Ahmose), la gravidanza e il parto assistito dalla dea rana delle nascite, la formazione dell’anima e del corpo, la protezione del primo anno di vita di Hatshepsut da parte di quattro divinità.
Sono rappresentate le imprese più significative della donna Faraone, ed è interessante che mentre di solito nei templi ci sono le imprese di guerra, poichè il regno di Hatshepsut fu pacifico, sono rappresentate le grandi spedizioni commerciali in Eritrea, Somalia e nel Mar Rosso, con i prodotti riportati scrupolosamente e con un dettaglio che giunge a dipingere persino le varie specie di piante o pesci che vi si trovavano. In queste rappresentazioni Tuthmose III fece scalpellare il cartiglio della regina e vi pose il proprio, attribuendosi i meriti delle spedizioni.
Il terzo piano tel tempio era completamente crollato ed è stato ricostruito. Vi si trova il sancta sanctorum, scavato nella montagna, con il tetto a volta, e intorno ad esso le stanze per depositare le offerte, con scene dipinte rappresentanti le relazioni del Faraone con le divinità e le varie offerte a loro riservate.
La Valle dei Re
Sempre sulla riva ovest del Nilo, chiusa tra le montagne in un luogo remoto, si trova la Valle dei Re, dove furono sepolti tanti faraoni del medio e nuovo Regno. Nemmeno le alte piramidi avevano fermato i saccheggiatori di tombe alla ricerca dei tesori del corredo funerario dei faraoni, e così per primo Tuthmose I pensò che scavare tombe segrete nel sottosuolo in questo luogo remoto, raggiungibile solo attraverso uno stretto accesso alla valle sorvegliato da soldati, potesse salvaguardare il sonno delle mummie.
Oggi l’ingresso è sorvegliato da uno stuolo di insistenti venditori di souvenir all’interno di un piccolo bazar atraverso il quale occorre passare come tra le forche caudine. Da qui ci si inoltra fino all’inizio della valle con una navetta elettrica.
Nella scelta del luogo influì anche il fatto che la montagna che sovrasta la Valle dei Re ha forma piramidale, sacra per gli Egizi che credevano che favorisse l’ascesa al cielo dell’anima sulla barca solare.
Infine questo luogo fu selezionato per il materiale: la montagna è di calcare, facile da scavare per lunghe altezze. Nonostante questo, per scavare una tomba ci volevano minimo 15 anni, e spesso le tombe iniziavano ad essere costruite all’ascesa al trono ed erano ancora incompiute (qualche volta per superstizione) al monento della morte del faraone.
Le prime tombe furono scavate a pochi metri di profondità nel sottosuolo, ma si arrivò a scavare sempre più a fondo, fino ad un’altezza di 650 metri! Potete vedere nella foto del plastico qui sotto quanto le tombe si estendano in profondità.
Si immaginarono trabocchetti, come i pozzi d’acqua per allagare parte del cunicolo in caso di forzatura e nello stesso tempo per drenare l’acqua del sottosuolo ed evitare l’accidentale invasione delle acque nella sala funeraria, ma nulla da fare: su 63 tombe riportate alla luce, ben 62 sono state saccheggiate, in gran parte in epoca antica.
Solo la tomba di Tutankhamon è stata fortunosamente ritrovata intatta con il sarcofago e l’ immenso tesoro; durante gli scavi di Carter infatti un ragazzo lasciò cadere una grossa ampolla d’acqua e si formò una pozza sulla sabbia; nel ripulire il cantiere emerse la tomba, che si era salvata perchè molto vicina ad un’altra.
I turisti fanno la fila per entrare nella tomba, alla faccia della maledizione di Tutankhamon; la mia guida, che è stato allievo di Zahi Hawass, ci racconta che una volta, per aver chiesto della maledizione è stato sospeso dal corso per una settimana dal grande archeologo, sdegnato dal fatto che potesse prendersi in considerazione una tale superstizione.
Gli egizi credevano che l’anima tornasse spesso dal regno dei morti a vistitare il corpo e per questo tutto ciò che serve alla via quotidiana era messo a disposizione del defunto; inoltre l’anima per riuscire a passare nell’aldilà deve essere adeguatamente preparata e saper rispondere alle tante domande che le vengono poste. Qui sotto lo scarabeo che porta fortuna perchè porta avanti la sua palla come il disco solare.
Se nelle tombe non sono rimasti i tesori ed i ricchi corredi che dovevano accompagnare i morti nell’aldilà, le pareti delle tombe della Valle dei Re sono tutte ricamente decorate con i dipinti del corredo e delle offerte alle divinità e con le formule magiche dei vari libri dei morti, che dovevano aiutare il defunto a rispondere correttamente alle domande degli dei.
Vi sono moltissime tombe molto interessanti, ma ci vorrebbero giorni e giorni a visitarle tutte; il biglietto d’ingresso prevede la possibilità di visitare a scelta 3 tombe, per decongestionare i flussi turistici nei cunicoli. Non sempre le tombe dei faraoni più famosi sono le più belle, ad es. la tomba di Tutankhamon, a cui si accede con un biglietto extra perchè è la più famosa, dentro è molto deludente rispetto alle altre, dopo che il sarcofago ed il suo tesoro sono stati trasferiti al museo del Cairo.
Entrare in una tomba della valle dei re è emozionante, si scende un lungo corridoio scosceso accompagnati dalle stesse pitture murali che per millenni hanno accompagnato i faraoni verso l’aldilà, a volte si incontrano camere laterali per le offerte e si giunge nella camera finale dove si trova il sarcofago.
La prima tomba in cui ho scelto di entrare è quella di Merenptah, il faraone che fu l’unico figlio sopravvissuto dei tanti avuti da Ramses II. Il grande faraone Ramses, infatti, a causa delle unioni caratterizzate da stretta consanguineità, generò figli con complicanze genetiche che non diventarono mai adulti, tranne Merenptah. Merenptah salì al trono già anziano, a 75 anni, perchè suo padre era vissuto moltissimo ( insomma una specie di re Carlo con la regina Elisabetta), e probabilmente non ebbe il tempo di compiere molte grandi imprese, anche se nella sua tomba si sofrza di rappresentare agli dei e al popolo tutte le gesta compiute per l’Egitto.
La tomba di Merenptah ha una camera alta che era stata aperta fin dall’antichità e una bassa riscoperta nel 1903 da Carter, che ritrovò il sistema di quattro imponenti sarcofagi di granito, di cui una parte è eposta nella tomba ancora oggi. Chissà come doveva essere ricco il corredo funerario.
Tutte le pareti sono decorate con scene dal libro dei morti ed altri libri magici, vi è rappresentata la cerimonia dell’apertura della bocca, vi sono immagini del faraone al cospetto di Ra, e Merenptah visto come Osiride.
La seconda tomba che ho visitato è quella di Ramses IX, una tomba dal lungo corridoio, splendidamente decorata anche se non terminata; si vede chiaramente che i primi dipinti sono molto accurati e gli ultimi realizzati frettolosamente.
Mi sono piaciuti molto quelli che rappresentano la dea Nut che inghiotte il sole alla sera, quelli dei babbuini che simboleggiano il sole nascente, quelli che rappresentano i nemici sconfitti (alcuni neri nubiani, altri con la testa mozzata).
C’è una bella rappresentazione della barca solare per raggiungere il dio Ra e tanti brani da libri di preghiere e scongiuri. Il sarcofago non è stato trovato, saccheggiato sin dall’antichità, quando furono costretti a trasferire il corpo, anch’esso oggetto di scempio, in una tomba altrui riadattata.
L’ultima tomba è quella di Ramses III, il faraone che morì a causa di un congiura dell’harem, ordita dalla concubina Tyie per mettere sul trono il proprio figlio. La tomba di Ramses III è la più spettacolare delle tre.
Nello scavare il cunicolo, i costruttori per errore di calcolo intercettarono il cunicolo di un’ altra tomba e così furono costretti a deviare di lato, costruire una camera di disimpegno al termine del corridoio laterale, e poi continuare a scavare la rampa fino alla camera funeraria.
Gli artigiani dell’alabastro
Nei dintorni della Valle dei Re ci sono molti laboratori artigianali di alabastro, che offrono ai turisti una dimostrazione delle varie fasi del loro lavoro e garantisticono l’autenticità dei manufatti, a volte un po’ cari perchè sanno che le guide forniscono loro l’esclusiva della comitiva.
I Colossi di Memnone
Sulla riva ovest del Nilo si trovano anche i cosiddetti Colossi di Memnone. Sono due enormi statue alte 18 metri in quarzite, che in realtà rappresentano Amenofi III e facevano parte del complesso funerario di questo faraone.
Amenofi III è rappresenato assiso sul trono con il volto diretto ad est, dove nasce il sole e dove scorre il Nilo. Su una delle statue è anche raffigurata la moglie di Amenofi III, e sull’altra la madre.
I colossi erano a guardia di un grande tempio fatto costruire da Amenofi III, persino più esteso e maestoso di quello di Karnak, ma le piene del Nilo ne hanno eroso le fondamenta e del tempio non è rimasto praticamente nulla al giorno d’oggi.
Fin dall’antichità, col progressivo degrado di una delle statue, il riscaldamento della roccia all’alba produceva un rumore che fu poeticamente interpretato come il saluto di Memnone alla madre, dea dell’aurora, da cui il nome con cui sono tuttora conosciuti i colossi. Ma quando le due statue furono restaurate già in epoca romana, questo rumore lamentoso sparì, togliendo suggestione alla leggenda.
Chiusa di Esna
Dopo aver visitato la riva ovest, per chi è arrivato in crociera sul Nilo come me, si riprende la navigazione, e generalmente a sera ormai inoltrata si passa dalla Chiusa di Esna. E’ un sistema di chiuse simile a quello presente a Panama, realizzato in corrispondenza al punto dove prima una cascata impediva la navigazione; permette di superare il gap di altezza delle acque, aprendo e chiudendo e modificando così il livello dell’acqua in corrispondenza del passaggio di uno o più battelli.
Non è molto sensazionale ma è carino osservare guardando il segno sulla banchina il livello delle acque che si alza portando su il battello. Bravi gli esperti manovratori delle imbarcazioni che compiono con precisione le manovre in uno spazio molto ridotto.
Poi ancora avanti con la navigazione, al mattino vi sveglierete (molto molto presto) ad Edfu, pronti a visitare altre meraviglie.